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Editoriali

Perchè la guerra cibernetica è fuffa, propaganda e nemmeno ibrida. Almeno per il momento

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La tanto decantata guerra cibernetica sembra essere fuffa e soprattutto fornisce una definizione di capacità belliche cibernetiche molto diverse da quelle prospettate. In primo luogo c’è da dire che le forze internaute russe, che per anni hanno imperversato nell’immaginario occidentale come le più potenti, sembrano degli agnellini visto che le strutture mediatiche del Cremlino, pubbliche e private, siano state compromesse facilmente più volte dal collettivo Anonymous.

Altro aspetto interessante è che si è parlato erroneamente di un “supervirus” russo, ma questa volta sembrerebbe ad opera degli attori statali della Bielorussia e la tecnica è quella già vista in passato dei malware a capacità meramente distruttiva degli hard disk dei dispositivi colpiti. Non è questo quello che ci si aspettava dagli attacchi cibernetici di una guerra che, invece, sul vecchio campo di battaglia sta mietendo vittime come lo è sempre stato nella storia.

E’ confermato che tra le prime strategie belliche di una guerra perfetta che si rispetti, ci sia la conquista dell’etere, in questo caso aperta anche allo spazio virtuale. Aeroporti ed i mezzi di comunicazione come sempre.

Putin, più volte tacciato di fare propaganda del suo statalismo identitario russo, soccombe ai social occidentali che lui stesso ha limitato nel tempo nei suoi paesi. Le bolle social simpatizzano per l’Ucraina, perché invasa e perché vicina ai valori occidentali, ma sono tanti, tantissimi i casi di propaganda mediatica basata su notizie false o ricostruite ad arte per generare maggior dissenso verso gli invasori russi registrati in queste ore.

Se colpire televisioni, siti di informazione degli avversari era l’obiettivo di questa guerra cibernetica, come anche quello di pubblicare dati “aggratis” invece che chiedere riscatti, non ci siamo e per fortuna, diciamocelo.

In un mondo sempre più iperconnesso non solo da PC ma da dispositivi utili alla produzione industriale ed alla logistica militare, nulla si è visto ancora e chissà se si vedrà. Non è un caso che molti sospettavano come arma mai vista prima un sabotaggio che proponesse scenari apocalittici come IOT in esplosione in giro per il mondo, treni che si incrociano tra di loro o aereei telecomandati e buttati giù su obiettivi sensibili europei.

La guerra è iniziata da poco, ed è per questo che queste azioni vanno scongiurate e temute perchè possibili.

Oppure no?

Si immagina un qualcosa che teoricamente è realizzabile, ma non praticabile per diversi motivi. Quello che invece risulta corrispondere al vero è la strategia comunicativa di propaganda alla resistenza, che il primo ministro ucraino sta svolgendo insieme al suo vice 31 enne, delegato alla trasformazione digitale e dichiaratamente amico dell’occidente a cui voleva cedere i dati dei cittadini ucraini, nella cui strategia si reclutano attivisti informatici e si creano canali Youtube dove effettivamente si può riconoscere ai governanti il primato di aver svolto la prima campagna social, di matrice bellica, della resistenza di un governo.

Questo ruolo in passato è toccato alle minoranze oppresse, spesso ignorate dai media che oggi invece danno l’appoggio a Zielensky, su cui il termine “minoranza” non è nemmeno appropriato perché si parla di una metà del paese e quindi di uno scontro non solo incentrato sui diritti umani, ma sugli interessi geopolitici oramai noti a tutti.

Per noi occidentali non conta chi ha ragione, ma chi vince e ci darà benefici migliori o addirittura maggiori di quelli avuti fino ad oggi.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro la pedopornografia online, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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