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Inchieste

Crosetto vittima di un mitomane o di Servizi e magistratura?

Tempo di lettura: 6 minuti. Guido Crosetto, Ministro della Difesa del Governo Italiano, ha denunciato attività di dossieraggio. Trovato il presunto colpevole, ma non il mandante.

Tempo di lettura: 6 minuti.

I quotidiani in questi giorni sembrano sconvolti dall’indagine in corso presso la Procura di Perugia ai danni di un finanziere che avrebbe avuto accesso ai sistemi informatici dello Stato per effettuare visure patrimoniali in danno di vip e politici. Nulla di grave, o forse sì, visto che le informazioni sensibili sono finite sui quotidiani.

Hanno pestato i piedi alla persona sbagliata

Appena nominato, Matrice Digitale ha dedicato un approfondimento al ministro Guido Crosetto, Ministro della Difesa che per incarico di governo è costantemente in dialogo anche con l’ala dei Servizi Segreti Militari del paese. Gli stessi Servizi usati spesso per attività di dossieraggio ai danni di persone famose e di spicco della società che hanno bloccato nel migliori dei casi affari o nomine pubbliche, mentre nei peggiori hanno ucciso la vita sociale dei malcapitati.

E questo, si ricordi sempre, in una società democratica equivale alla pena di morte.

Cosa c’entra il ruolo dei Servizi con quello della Magistratura?

Chiedere a un magistrato del rapporto tra magistratura e servizi è come domandare se ha il diabete o meno e confermarne un livello di rapporti equivale a fargli confermare che il Vesuvio si trovi a Napoli, ma vi risponderà che in realtà è collocato a Milano. Con una zoomata più ampia sulla questione, l’affaire Crosetto è in realtà collegato a un gioco di potere che ha costruito carriere negli ultimi 5 anni nei palazzi delle Istituzioni grazie a pezzi di magistratura che ha avuto dalla propria parte non solo l’attività inquirente, ma anche a disposizione un database statale sempre più forbito e spese sempre in crescendo per l’uso di Trojan che infettavano i dispositivi degli indagati e non garantivano sempre un funzionamento in garanzia dei diritti previsti dalla Costituzione. Quando si sente parlare di Trojan di Stato non può che emergere il caso Palamara e l’utilizzo del malware dalla componente politica che l’ha sbattuto fuori dalla magistratura nonostante fosse stato fino al giorno prima il “Cencelli” delle toghe italiane nell’ultimo decennio. Perchè il caso di Palamara coinvolge un altro, e alto, magistrato in contrapposizione nello scacchiere politico italiano che risponde al nome di Davigo. Secondo la Commissione Giustizia del Senato, dopo aver interpellato diversi esperti tecnici sul funzionamento del software malevolo utilizzato dalla magistratura per perfezionare le indagini, il commento descrittivo utilizzato è stato quello di «Un fucile che spara da solo». Si accendeva e si spegneva. E resta memorabile il fatto che nell’incontro tra Palamara e Davigo fosse spento e non abbia registrato cosa si siano detti le due parti e quando Matrice Digitale ha chiesto a Palamara se fosse stato fatto fuori da un mondo grigio, la risposta è stata “non lo escludo, lo sto accertando”.

Che esista un mondo grigio dietro i dossieraggi?

La storia di Davigo apre però un mondo ancora più sotterraneo caratterizzato dall’evento della Loggia Ungheria. Fantomatica o meno non è dato saperlo, ma anche in questo caso a farne le spese è stato un consulente chiacchierato delle Big statali come l’avv. Amara e di un “povero” magistrato che ha commesso l’errore di spifferare l’interrogatorio a Davigo informandolo sul caso perchè “dalla Procura di Milano si è manifestata da subito la volontà di non proseguire l’indagine per non disturbare il processo ENI – Nigeria dove la gola profonda era implicata“. La peculiarità di questa fantomatica loggia era che si decidevano le sorti di indagini e processi con una commistione tra mondo della giustizia e quello dell’imprenditoria ed è singolare il fatto che uno dei più grandi giustizialisti del nostro paese non abbia voluto procedere nelle indagini boicottando il collega. Cambiato il Governo, Davigo è stato condannato in primo grado per rivelazione del segreto d’ufficio rendendo giustizia al PM Storari che si era affidato a lui per autotutelarsi dalle pressioni che aveva ricevuto pur di non continuare ad andare avanti. Amara e Crosetto hanno nulla in comune, che si sappia almeno, se non le consulenze in società di Stato molto vicine al mondo dell’intelligence sotto vari aspetti.

Non sarà la Loggia Ungheria, ma chi voleva fare fuori Crosetto ed il Governo appena formato?

Mentre l’indagine sulla Loggia Ungheria si è arenata, c’è però una domanda che contraddistingue le analisi di settore, comprese le inchieste giudiziare, e precisamente “cui prodest?” A chi giova? Le parole di Crosetto al Corriere sono lapidarie: boicottare un Governo legittimo nella fase di costituzione della sua squadra di ministri con informazioni borderline mina agli interessi del paese. Proprio questo è il problema, proprio questo è in realtà un metodo che, dinanzi ad una ipotesi di una presunta lobby (non necessariamente massonica) bisognerebbe poi capire quali tipi di rapporti si sarebbero andati a sfavorire, favorendone allo stesso tempo altri. Proprio per questo motivo, alcune delle indagini avute nel nostro paese spesso sono state sottovalutate per gli effetti che hanno avuto sulla politica internazionale e sulle logiche geopolitiche, soprattutto quando si parla di società carrozzoni pubblico privati che curano intere filiere di commesse come Eni o la Leonardo di cui Crosetto è stato un consulente. Troppo facile credere che sia stato un magistrato non allineato a qualche potere o a qualche finanziere mosso dalla voglia di emergere andando oltre i suoi compiti. Proprio per questo, il Ministro della Difesa ha detto di volerci vedere chiaro fino alla fine presentando una seconda denuncia e calcando la mano sulle indagini pur di tutelare un servitore dello stato che si è prestato o è stato costretto ad andare oltre. Capire perché l’ha fatto, non solo tutela il presunto autore di un accesso abusivo ad un sistema informatico statale, ma inizia a dare un colore più definito a quel mondo grigio denunciato da Crosetto e scoperto da Cantone come un vaso di Pandora proprio perché l’attuale ministro del Governo italiano non è l’unico ad essere finito nel tritacarne mediatico.

La stampa sotto osservazione e la posizione del Quirinale

La storia di Crosetto trova attenzioni oggi dalla stessa stampa che fino a ieri ha pubblicato il nome di un non ancora indagato per stupro solo perchè figlio del Presidente del Senato La Russa, tra l’altro non coinvolto personalmente nel caso di presunto stupro da parte del figlio. La stessa stampa che si è data una regola di buona condotta dove le generalità dei condannati, e non presunti indagati, per reati simili, o ben più gravi, spesso non figurano negli articoli che riportano le notizie di sentenze definitive. L’aspetto più curioso della stampa italiana è proprio il fatto che oggi mentre parla delle indagini di Cantone e dell’affaire Crosetto ha dimenticato di essere sempre pronta in prima linea nel diffondere intercettazioni, dati sensibili ed informazioni ritenendole spesso una forma di diritto a diffondere la verità. O perchè si hanno le esclusive che potrebbero essere soffiate da altri o perchè altrimenti si “bucano” le notizie pubblicate da chi ha fatto l’esclusiva. Non esiste quindi un problema di stampa di destra o di sinistra ed è facile notarlo da alcune reazioni anomale alla vicenda che mettono d’accordo media di differente estrazione politica. Pubblicare una intervista di Casalino sulla vicenda non cancella in realtà l’articolo che si è dedicato in passato ai suoi dati fiscali sensibili. Proprio queste adesso sono le insidie che potrebbero arenare con il classico metodo dello “scurdammoce o passat” l’attenzione che c’è sulla vicenda. Sotto osservazione anche la posizione del Quirinale che avrebbe molto da dire e da intervenire sulla questione della magistratura e invece non ha voluto infierire sulla questione di Palamara e della Loggia Ungheria. Disinteresse vero oppure finto ed in questo caso il frutto delle indagini e degli scandali a spot nella magistratura siano in realtà un regolamento di conti che l’Ufficio della Presidenza della Repubblica contribuisce a portare avanti in silenzio.

Un caso che potrebbe riformare la Giustizia italiana

Se c’è un effetto che l’affaire Crosetto ha portato alla ribalta, è proprio una riflessione, l’ennesima e atavica, sulla Riforma della Giustizia. Se le questioni di Crosetto sono confermate, se il mondo grigio (termine usato per collegare il mondo dell’antistato a quello dello Stato attraverso mediatori in diversi settori, anche qui le parole del Ministro hanno avuto un peso specifico), la politica potrà mobilitarsi per accelerare il processo di riforma della Giustizia. Nel frattempo, l’ala politica governativa attraverso l’avv. Buongiorno procede spedita nella commissione giustizia per vederci chiaro su come funzionano i Trojan. Il Copasir in mano a Renzi, un altro con il dente avvelenato e pizzicato in una attività di simil spionaggio ai suoi danni su Report, ha avviato una indagine e l’inchiesta di Cantone che dovrebbe garantire imparzialità su un procedimento che vede coinvolti apparati della Giustizia e facilmente depistabile su pressioni interne di presunti magistrati e presunte squadre di agenti della polizia giudiziaria.

Oppure il caso del presunto artefice solitario, di cui non scriviamo il nome perchè Matrice Digitale ha una idea di garantismo diversa dagli altri e ci sono indagini in corso, in realtà sia la storia di un agente specializzato della Guardia di Finanza che voleva farsi giustizia da solo oppure vendeva dati sensibili ai giornalisti per guadagnare qualche extra?

Il rischio è proprio che finisca così e che resterà tutto immobile come come spesso avviene nel mondo degli apparati degni delle migliori cronache da barbe finte.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro l’abuso dei minori, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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