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Se l’Italia corre ai ripari nella guerra cibernetica Ucraina il merito non è di Anonymous, ma della Russia

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In questi giorni c’è la massima allerta sul fronte attacchi cibernetici da parte delle giovani istituzioni italiane preposte alla materia. L’attenzione sulla sicurezza informatica a livello nazionale è partita da un anno e lo Stato è in cerca di giovani capaci e soprattutto disposti a restare nel loro paese per servirlo.

L’Italia ad oggi non ha apparati militari riconosciuti a livello informatico, le APT, e non valorizza le aziende del settore cibernetico, oltre ai carrozzoni statali come Leonardo, per via di accordi sovranazionali che spesso vedono esperti del settore proporre soluzioni “alleate” e mai nazionali.

Non è un caso che, dinanzi allo scandalo Kaspersky, l’Italia si sia svegliata con anni di ritardo ed abbia acceso più di un interrogativo sull’opportunità di avere nella sua Pubblica Amministrazione software di rilevamento dei rischi non in linea con una politica coerente con il proprio paese, estendendo anche lo stesso ragionamento ai prodotti utilizzati dai consumers.

Il problema, unito alla contraddizione, che ad occhio e croce emerge da questa tesi è che ieri eravamo amici dei russi, oggi invece no e la proposta corretta non è quella di rivolgersi agli alleati, che un domani potranno diventare nemici, ma a noi stessi.

Esiste un antivirus italiano? Sì.

E’ buono? Se la risposta è positiva perché non potenziarlo e scommetterci?

Se la risposta è negativa, perché non provare a svilupparne uno migliore?

La strategia russa di isolarsi dalla rete internet ha un senso militare e nazionalista pur aprendo a scenari pericolosi per il controllo delle informazioni che convergono sulla rete. Discorso diverso quando si lascia poco spazio ai confini nazionali perché espongono le popolazioni nella condizione di poter guardare oltre i propri confini territoriali e farsi un’idea di quello che accade nel mondo.

Fin quando si ragiona in termini di opportunità di scelta, la soluzione non è che quella di concepire l’Internet come una rete aperta, ma se i Governi iniziano a non tenere in considerazione i dati sensibili dei propri cittadini, allora bisogna accendere più di una sirena di allarme.

Il caso italiano di Immuni è stato lampante: da un lato i cosiddetti “talebani della Privacy” che volevano sapere precisamente da chi fossero gestiti gli status sanitari sul covid dei cittadini ed i loro spostamenti, dall’altra, invece, chi sponsorizzava l’ingresso dei privati in questioni meramente statali ed emergenziali come ha poi dimostrato la pandemia. Il tempo ha dato ragione ai talebani e nel frattempo l’Italia ha attuato uno strumento ancora più efficace come il greenpass. Uno strumento similfascista, simile alla tessera del pane, dove dapprima si è allegato il libretto vaccinale sul Covid, dall’altro si è associato un semaforo di circolazione pubblica nei locali e adesso si ipotizza una sua applicazione in senso più ampio.

Può l’identità digitale SPID italiana, nei suoi ambiti di applicazione come Comune e Agenzia dell’Entrate, essere gestita da potenze straniere come Russia, Cina, Usa o anche la vicina Francia?

Secondo molti esperti interpellati sì, sui quali bisognerebbe svolgere una operazione di verità sulle attività di consulenza che intrattengono professionalmente giusto per far chiarezza su potenziali conflitti di interesse, mentre secondo gli apparati statali e militari no e nemmeno in sinergia con le sovrastrutture dell’Unione Europea e della Nato.

Quindi, un governo che affida la sua PA a sistemi operativi, a software di rilevamento dei rischi e a programmi di ufficio, che oggi spostano i file in cloud di multinazionali, non presenta solo un problema con Kaspersky, ma con tutto un apparato compromesso da tempo.

A proposito degli amici, è mai capitato di leggere notizie di attività di spionaggio da parte degli alleati?

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro la pedopornografia online, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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