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Editoriali

La propaganda occidentale ha distrutto l’Ucraina per favorire Mr. Meme

Tempo di lettura: 3 minuti. L’informazione pilotata ha reso babà un mediocre Zelensky

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Tempo di lettura: 3 minuti.

La corretta informazione vince sempre.

Dopo mesi persi appresso alla propaganda occidentale, Mr. Meme ha compreso che l’unico a far finire la guerra è lui stesso e non l’invasore.

Dopo due accordi rifiutati prima dell’invasione russa e la non volontà di procedere nei trattati di pace voluti dalla Russia nei primi giorni di conflitto, Zelensky adesso è ostaggio delle sue scelte e degli accordi intrattenuti con i suprematisti Ucraini enfatizzati dalla stampa Occidentale che si dichiara ogni giorno Europeista ed antifascista.

Portando avanti lo scontro con la sicurezza di un appoggio eterno della Nato non avrebbe fatto altro che incartarlo, così come era chiaro a tutti gli analisti che fosse ostaggio del suo battaglione neonazista, che ha sperato in cuor suo morisse in gloria per poter procedere ad una mediazione più tranquilla senza le pressioni di coloro che l’hanno finanziato e se ne sono serviti fino ad oggi.

Il NyTimes ha pubblicato un editoriale condiviso dal pool di editorialisti dove si è chiesto a Biden di porre un fine alla disponibilità USA nei confronti dell’Ucraina.

Comunicare il punto a Zelensky significa fargli maturare la convinzione che la guerra può solo farla terminare lui.

Peccato che la “perdente” Russia abbia conquistato già il 20% dell’Ucraina nel frattempo e che il sacrificio che dovrà sostenere Zelensky è più alto rispetto agli accordi di Minsk che lui stesso ed altri predecessori non hanno rispettato negli anni precedenti al conflitto.

Davvero male, adesso, che la teoria dell’invasore e dell’invaso non ha consentito lucidità di azione nel gestire diplomaticamente una guerra che nel frattempo ha impoverito l’Occidente, arricchito i bombaroli e gli USA nel mercato speculare finanziario e nei giochi di valuta internazionale.

Ad aggiungersi al treno delle sconfitte economiche dell’Occidente, che non ha ottenuto effetti sulle sanzioni di guerra economica imposte a Mosca, c’è la questione del grano. Anche quello bloccato nei porti. Parliamo del 60% delle scorte utili a soddisfare i paesi africani che se moriranno di fame imploderanno in una catena di conflitti ed in una fuga di massa senza però considerare come meta la Russia, bensì l’Europa.

Era tutto chiaro dall’inizio, bastava mettere i puntini insieme che l’informazione teleguidata non ha consentito fare ai cittadini perché annebbiata dalla logica propagandistica messa in piedi dai Servizi Ucraini compromessi fino al midollo da Usa e Uk con la compiacenza di una Nato a trazione orientale.

Non solo ora Mr. Meme deve fare i conti con i dubbi dell’occidente economico che produce ricchezza, ma anche con i suoi che pretendono la liberazione addirittura della Crimea, ed è debole verso chi sta conquistando la sua nazione a furia di morti e bombe e sta bloccando l’economia REALE del mondo.

I prigionieri di Azov trattati bene, dicono le mogli sull’accordo tra Croce Rossa e ONU. Quindi la Russia ha dimostrato di saper “essere giusta” e ragionevole, citando il propagandista Massimo Gramellini che ha deturpato la memoria delle vittime della Shoah, riconoscendo che l’attuale conflitto Ucraino è parte di una guerra con tutti gli accordi presi dalle convenzioni.

Non c’erano dubbi che Putin rispettasse i soldati, ottima merce di scambio ricordiamolo, così come invece non c’erano altrettanti dubbi sul fatto che Zelensky dovesse cambiare registro diplomatico per non rischiare un tracollo mostruoso del suo paese.

Quindi senza se e senza ma, possiamo confermare che un comico al Governo non è mai una cosa saggia da individuare, così come la responsabilità di questo incancrenimento delle trattative sia da additare soprattutto al Servitore del Popolo.

Serviranno gli antibiotici della diplomazia a rispristinare la situazione territoriale a prima del 24 febbraio oppure bisognerà procedere ad una amputazione di alcune regioni oramai perse?

Si spera per gli ucraini che siano tutelati non dai bollori di una resistenza propagandata in Occidente bensì da un senso autocritico su chi abbia lavorato affinché si arrivasse ad una situazione oltre ogni limite di una trattativa di pace non dolorosa quanto lo sarà oggi.

Editoriali

Anche su Giovanna Pedretti avevamo ragione

Tempo di lettura: 2 minuti. Procura di Lodi chiede l’archiviazione sul suicidio di Giovanna Pedretti, escludendo colpe di Lucarelli e Biagiarelli: la recensione era falsa

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Commento giovanna pedretti
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Recentemente, la Procura di Lodi ha avanzato una richiesta di archiviazione per il caso di Giovanna Pedretti, la ristoratrice di Sant’Angelo Lodigiano trovata morta a gennaio nelle acque del Lambro. L’indagine ha escluso qualsiasi istigazione o aiuto al suicidio da parte di terze persone.

Dettagli dell’indagine

La vicenda di Pedretti aveva suscitato grande attenzione mediatica, specialmente sui social media, dopo che era stata accusata ingiustamente di aver pubblicato una recensione falsa online. Questo episodio era seguito a una tempesta di critiche, principalmente influenzata da una serie di post di Selvaggia Lucarelli e del suo compagno, Lorenzo Biagiarelli, che avevano messo in dubbio l’autenticità della recensione. Tuttavia, le indagini hanno dimostrato che la recensione era effettivamente falsa e che nessuna azione diretta di terzi ha contribuito al tragico evento.

Esito e Reazioni

Con la richiesta di archiviazione, si chiude un capitolo doloroso, ma sorgono interrogativi sulla responsabilità dei media e delle figure pubbliche nell’amplificare situazioni che possono avere conseguenze gravi. Selvaggia Lucarelli, tramite i suoi canali social, ha espresso sollievo e ha criticato duramente la stampa per la gestione della notizia, sottolineando come la situazione abbia evidenziato una “storia squallida e meschina”.

Matrice Digitale dalla parte della verità

Matrice Digitale si è schierata senza esito a favore di Selvaggia Lucarelli e del giornalista del TG3 andato a chiedere spiegazioni sulla veridicità del post su cui si è scatenata una gogna mediatica con un richiamo ufficiale dell’azienda attraverso il Governo. La verità era chiara dall’inizio: la recensione era falsa ed era stata trasformata in una notizia solo perchè sfruttava l’immagine della comunità LGBT con un messaggio che poteva essere positivo, ma non era sicuramente una notizia. Questo caso non dovrebbe passare inosservato per “rispetto del dolore della famiglia” bensì diventare un caso di studio come tanti altri avvenuti in passato dove la notizia si è costruita per fini politici e commerciali.

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Editoriali

Chip e smartphone cinesi ci avvisano del declino Occidentale

Tempo di lettura: < 1 minuto. Un declino quasi annunciato facendo un’analisi geopolitica degli ultimi eventi nel settore dei semiconduttori

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Tempo di lettura: < 1 minuto.

Dopo mesi di sanzioni alla Russia si scopre che l’approvvigionamento di Mosca dei processori è ritornato al livello di normalità Questo vuol dire che su 140 paesi nel mondo, le sanzioni anglo-euro-nato non sono state efficaci a costringere i russi a “rubare le lavatrici per utilizzare i chip“.

La Russia, sta costruendo in casa sua i processori, ma non hanno molto successo se consideriamo il fatto che molti sono difettosi. Quindi li prende dalla Cina che attraverso Huawei è entrata silenziosamente nel Mercato Europeo con la sua ultima creatura: la Serie Pura 70 non solo è uno smartphone potente, ma allo stesso tempo è l’evoluzione in stile Apple di quella che un tempo era considerata una cinesata.

Oggi questa cinesata è prodotta al 90% in Cina con materiali cinesi e questo dovrebbe far comprendere a noi Europei che se non facciamo i bravi, saremmo costretti ad usare i chip delle friggitrici ad aria e le plastiche delle bici per produrre degli smartphone.

Chiudiamo l’analisi, che difficilmente leggerete altrove per tanti motivi, tra cui la lesa maestà. La chiusura della fabbrica di Intel in Russia coincide con risultati economici disastrosi del gigante tecnologico.

Indovinate chi sta sopperendo a questa perdita con fondi pubblici: l’Europa.

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Editoriali

MITRE vittima di zero day Ivanti: anche i migliori le prendono

Tempo di lettura: 2 minuti. Anche le organizzazioni ben preparate come MITRE possono essere vulnerabili a minacce cibernetiche avanzate

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Mitre
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Nel contesto della sicurezza informatica, anche le organizzazioni più preparate possono trovarsi vulnerabili di fronte a minacce persistenti e avanzate, come dimostrato dagli attacchi recentemente subiti da MITRE. Questo caso sottolinea l’importanza di adottare un approccio informato sulle minacce per la difesa contro gli attacchi cyber sempre più sofisticati.

Cos’è MITRE?

MITRE è una corporazione senza scopo di lucro americana con sede principale a Bedford, Massachusetts, e una secondaria a McLean, Virginia. Fondata nel 1958, l’organizzazione opera centri federali di ricerca e sviluppo (FFRDCs) per conto del governo degli Stati Uniti. MITRE è dedicata all’interesse pubblico e lavora su una vasta gamma di questioni di sicurezza nazionale, aviazione, sanità, cybersecurity e innovazione del governo.

La missione principale di MITRE è quella di risolvere problemi complessi per un mondo più sicuro, fornendo ricerca, sviluppo e consulenza strategica ai vari enti governativi per aiutarli a prendere decisioni informate e implementare soluzioni tecnologiche avanzate. Uno degli aspetti notevoli del lavoro di MITRE è il suo impegno nella sicurezza informatica, attraverso lo sviluppo di framework e strumenti come il Common Vulnerabilities and Exposures (CVE) e l’ATT&CK framework, che sono largamente utilizzati a livello internazionale per la gestione delle minacce e la protezione delle infrastrutture critiche. Per ulteriori informazioni, puoi visitare il sito ufficiale.

Dettagli dell’attacco subito da MITRE

MITRE, un’organizzazione che si impegna a mantenere elevati standard di sicurezza cibernetica, ha recentemente rivelato di essere stata vittima di un attacco informatico significativo. Nonostante la solidità delle sue difese, MITRE ha scoperto vulnerabilità critiche che sono state sfruttate dagli attaccanti, segnalando un tema di sicurezza concentrato sulla compromissione di dispositivi di protezione perimetrale.

L’incidente e le sue conseguenze

L’attacco ha avuto inizio con un’intensa attività di ricognizione da parte degli attaccanti nei primi mesi del 2024, culminata nell’uso di due vulnerabilità zero-day nel VPN di Ivanti Connect Secure, bypassando l’autenticazione multifattore tramite session hijacking. Questo ha permesso agli attaccanti di muoversi lateralmente e infiltrarsi profondamente nell’infrastruttura VMware di MITRE, utilizzando account amministrativi compromessi e un mix di backdoor sofisticate e web shell per mantenere la persistenza e raccogliere credenziali.

Risposta di MITRE all’incidente

La risposta all’incidente ha incluso l’isolamento dei sistemi colpiti, la revisione completa della rete per impedire ulteriori diffusione dell’attacco, e l’introduzione di nuove suite di sensori per monitorare e analizzare i sistemi compromessi. Inoltre, l’organizzazione ha avviato una serie di analisi forensi per determinare l’entità del compromesso e le tecniche utilizzate dagli avversari.

Lezioni apprese e miglioramenti futuri

Questo incidente ha rafforzato per MITRE l’importanza di comprendere i comportamenti degli hacker come mezzo per sconfiggerli, spingendo l’organizzazione a creare tassonomie comportamentali che catalogano le TTP (tattiche, tecniche e procedure) degli avversari, che hanno portato alla creazione di MITRE ATT&CK®. Questo evento ha anche stimolato l’adozione del concetto di difesa informata dalle minacce, culminando nella creazione del Center for Threat-Informed Defense. L’incidente di sicurezza subito serve da monito per tutte le organizzazioni sulla necessità di mantenere sistemi di difesa aggiornati e proattivi, utilizzando le risorse come il MITRE ATT&CK, costantemente monitorato anche da CISA i cui bollettini sono riportati puntualmente da Matrice Digitale, per rimanere informati sulle ultime strategie degli avversari e su come contrastarle efficacemente.

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