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Il metodo Zelensky approda in Italia: dopo le TV, il Copasir pensa a Telegram.

Tempo di lettura: 6 minuti. C’è puzza di fascismo nel nostro paese?

Il governo si serve di Meloni per le liste di proscrizione

Sallusti prima vittima: la scenata da Giletti è un messaggio all’intelligence

Tempo di lettura: 6 minuti.

Tutti sopresi per le liste di proscrizione del Corriere sui social? Noi di Matrice Digitale l’abbiamo previsto con degli approfondimenti mirati alla comunicazione di guerra del Governo italiano che è stato costretto a mettere in campo i Servizi visto il fallimento dei giornalisti sovraesposti nelle tv con l’intento di convincere i concittadini sull’utilità di inviare le armi in Ucraina e sul fatto che si sta difendendo una democrazia dall’assalto dei russi.

Proprio Zelensky è quello che in questi anni ha disposto nel suo paese dispositivi contro la minoranza russa nella sua veste di Servitore del Popolo. Salito al potere anche grazie ai voti dei russofoni, li ha traditi stracciando gli accordi di Minsk e imponendo la lingua ucraina nei luoghi pubblici, relegando il russo all’interno delle cerchie private.

“E pensare che Zelensky l’ucraino l’ha dovuto imparare anche lui, visto che nasce come russofono”.

Con un dispositivo di legge marziale, ha demandato alla stessa associazione ucraino-americana, protagonista del regime-change nel 2014, la comunicazione delle notizie di guerra, che comprendono le varie enfatizzazioni di un Ucraina vincente sul campo di battaglia che dopo due mesi di guerra si è rivelata con il 20% in più dei territori conquistati dai russi.

Armi spuntate, così abbiamo definito l’impianto di giornalisti scesi in campo secondo una precisa appartenenza ed impegnati in questi mesi a portare avanti tesi smentite puntualmente come “non è una guerra per procura“, “c’è un invasore ed un invaso“, “non esiste il problema del nazismo in ucraina“.

Chi ha testimoniato con fervenza queste ipotesi in contrapposizione ai “putininvhester” non sono certo giornalisti anonimi o liberi professionisti, ma consulenti del governo americano, direttori di prestigiosi think tank, giornalisti dichiarati da sempre antiputin o vicini, con incarichi universitari anche, alle posizioni degli States.

Ha sorpreso in positivo la giornalista Mariolina Santanino che ha parlato, senza fare nomi, del fenomeno di arruolamento che la Russia ha utilizzato in questi anni nelle Università nella puntata del 6 giugno ad Otto e Mezzo.

Tutti sopresi, gli altri ospiti, oppure temevano che proponesse la stessa precisa e corretta dinamica anche per gli atlantisti?

A questi si sono aggiunti giovani giornalisti di guerra che sono stati per mesi “embeddati” e accompagnati dall’intelligence ucraina sul campo di battaglia e che hanno assistito ad eventi mirati, ripetendo a pappardella quanto descrittogli dai traduttori. Cose accadute realmente, ma a volte cose false o da strumentalizzare quanto di più per mettere in evidenza le malefatte russe.

Esempio concreto della stampa pilotata “in buona fede”:

La Commissaria Ucraina dei diritti umani è stata silurata dallo stesso Governo in questi giorni perchè ha enfatizzato gli stupri di guerra su cui “non ci sono prove schiaccianti”.

Questo non vuol dire negare gli stupri, sia chiaro, ma prendere atto che per mesi i nostri media hanno enfatizzato notizie che provenivano da una fonte smentita con imbarazzo dallo stesso Governo.

Così come la stessa responsabile è stata accusata di aver gestito male i corridoi umanitari.

Gli stessi corridoi che sono stati violati più volte dai russi, ci hanno detto, oppure hanno avuto vita facile perché in buona fede, o malafede, sono stati gestiti male?

Al Copasir c’è Fratelli d’Italia considerato fascista, ma oggi collaborazionista

Veniamo al Copasir. La stampa italiana da anni rincorre lo spettro del fascismo che aleggia intorno alla Meloni ed al suo partito, ma quando si inizia a verificare la presenza nelle tv di chi esprime un’idea difforme dal circo mediatico allestito per informare i cittadini italiani, indirizzandoli ad un ragionamento interventista e orientato all’Atlantico, trova nel presidente Adolfo Urso un esponente del partito più a destra d’Italia come alleato valido.

Così come l’Azov riabilitato dalla comunità ebraica italiana, sembrerebbe addirittura finanziato da quella Ucraina, non da Israele sia chiaro, e dai giornalisti che sulla memoria della shoah ci hanno costruito carriere, vedi Gramellini o Parenzo, oggi assistiamo alla Meloni che si sta riabilitando l’immagine grazie al suo supporto Atlantico, scontato visti i suoi solidi rapporti con gli ultraconservatori americani, e non stupisce che un suo rappresentate sia partecipe al metodo, quello delle liste di proscrizione, caro a quelli che i suoi detrattori, oggi amici, dicono appartenga.

A pubblicare la lista e a dare visibilità a giornalisti, influencer e docenti universitari, nelle loro qualità di filoputin, è stato il Corriere della Sera che dall’inizio della guerra ha preso una posizione netta in favore degli USA e della propaganda di Zelensky.

I lettori sono stati avvisati tra queste righe che la terza fase, quella dell’apertura totale a tutte le fonti di informazione, sarebbe durata poco per aiutare una classe giornalistica impegnata in attività di propaganda smentita dai fatti e sbugiardata totalmente nel revisionismo storico, che sembrerebbe messo in atto anche nell’Ucraina di Zelensky, e lo si è fatto con la discesa in campo dei Servizi Italiani.

Essendo l’Italia un paese indipendente, ci sarebbe da chiedersi se l’iniziativa sia nostra oppure provenga da apparati esteri che hanno diffuso una lista ai nostri agenti. La cosa che rende vile questa iniziativa, però, è l’assenza di nomi del calibro di Capuozzo, Santoro, Negri o professionisti più illustri, come Cacciari, Montanari o Cremaschi, e per questo motivo qualcuno ha definito il colpire astri nascenti del giornalismo indipendenti sia un modo vile per intimidire chi le spalle coperte non le ha.

Dalla Tv ai Social: nel mondo c’è grande stretta sui social

Proprio Matrice Digitale si è occupato della censura di Telegram in alcuni paesi come quello brasiliano e ad Hong Kong. Quello che fa paura ai politici impegnati in una tornata elettorale che mieterà vittime, compresa la vice presidente in quota M5S, partito nato grazie ai social, che, intervistata dal Corriere, prova a nascondere il fatto che i dissidenti ed oppositori della guerra di oggi, potranno occupare più posizioni in Parlamento un domani. Dietro il suo impegno nel regolamentare i social, tramite l’accusa infamante di diffondere notizie false, non solo vuole assolvere le notizie diffuse dai giornali a prescindere, ma annienta il giornalismo indipendente e le sue capacità di crescita, chiudendo lo spazio editoriale e commerciale definitivamente.

Pesci piccoli aggrediti da pesci grossi che così gestiscono il consenso della popolazione indisturbata. Con la scusa della guerra non è escluso un intervento dell’Europol su cui il Parlamento Europeo ha investito nel dargli maggiori poteri proprio nelle piazze virtuali.

I Social scoppiano di rabbia

La lista di proscrizione del Corriere ha scatenato diversi commenti sui social network. Molti detrattori dei giornalisti incriminati hanno sospirato un respiro di sollievo per aver man forte alle tesi contrastanti a quelle enunciate dai “filoPutin” in lista. Un sospiro di sollievo che arriva anche a margine del crollo di credibilità mediatica che ha dato maggior autorevolezza ai filoPutin, leggasi anche pacifisti, in virtù del fatto che sanzioni e dinamiche di guerra non si sono dimostrate valide secondo le premesse narrate quando in tv era assente il contraddittorio.

Le reazioni avverse a questa notizia, possiamo classificarle in queste categorie:

  • persone avverse alle teorie pacifiste e putiniane indignate per l’iniziativa
  • giornalisti, professionisti e accademici indignati e che hanno espresso solidarietà ai colleghi colpiti dall’indagine dei Servizi
  • Pacifisti, e Putiniani, ancora più convinti di aver preso posizioni corrette sulle tesi “censurate” perché si tratta di un “restringimento della libertà di opinione contro delle verità scomode“.

Proprio l’ultimo punto non solo fa leva su un’opera di denigrazione derivato da una attività statale, che rimembra i nefasti (fasti in questa occorrenza) del fascismo, e che allontana i cittadini dall’autorità Governativa, ma che insinua un sospetto anche in chi non ha mai appoggiato le tesi di Orsini e gli altri, ma adesso si domanda il perché di tale attività.

per avere prova di cosa pensane le persone è possibile leggere i commenti sotto al tweet in questione:

Conclusioni

Non è chiaro cosa comporterà l’iniziativa, ma l’intimidazione dei Servizi e del Copasir sono un avvertimento per chi invita nelle tv gli esperti in questione.

Sono davvero delle spie russe?

Oppure non si deve dare visibilità a chi si rivolge ad un pubblico prevalentemente assiepato nei canali social più difficili da colpire?

La prima vittima di questo gioco è stato il direttore di Libero Sallusti. In diretta da Giletti ha preso le distanze dalla trasmissione, uscendosene in grande stile, offendendo la storia Russa e rinunciando pubblicamente al suo compenso. Sallusti avrebbe potuto farlo in silenzio, ma la necessità di sbandierarlo non solo è un modo per acquisire una visibilità in una fetta di pubblico, dove da anni viene quotidianamente delegittimato, ma ha lanciato un messaggio chiaro all’intelligence italiana: sono con voi e non contro.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro l’abuso dei minori, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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