Sicurezza Informatica
Al via il Campionato di hacking Pwn2Own
L’edizione 2022 della famosa (o famigerata, a seconda del punto di vista) competizione Pwn2Own prende il via oggi a Vancouver, nella Columbia Britannica.
In realtà, quest’anno si tratta di un evento cosiddetto “ibrido”, in modo che i partecipanti che non possono o non vogliono viaggiare, per motivi di coronavirus o ambientali, possano partecipare a distanza.
Numerosi fornitori hanno messo in palio premi in denaro per l’hacking di vari loro prodotti ed i potenziali obiettivi di quest’anno sono:
- Virtualizzazione: Oracle VirtualBox, VMware Workstation, VMware ESXi, Microsoft Hyper-V Client.
- Browser: Google Chrome, Microsoft Edge, Apple Safari, Mozilla Firefox.
- Applicazioni aziendali: Adobe Reader, Office 365 ProPlus.
- Server: Microsoft RDP/RDS, Exchange, SharePoint, Samba.
- Sistemi operativi endpoint: Ubuntu Desktop, Windows 11. (solo Elevation of Privilege).
- Comunicazioni aziendali: Zoom, Microsoft Teams.
- Automotive: una gamma di categorie basate sui veicoli Tesla 3.
È interessante notare che quest’anno le categorie Server e App aziendali hanno attirato esattamente zero hacker ciascuna.
I browser e la virtualizzazione sono stati considerati altrettanto poco interessanti, a quanto pare, con un solo partecipante ciascuno che si è occupato di Firefox e Safari, e un hacker solitario che si è cimentato con VirtualBox.
Windows 11 e Ubuntu Linux hanno attirato rispettivamente sette e cinque partecipanti; quattro concorrenti si cimenteranno con Teams e due con vari aspetti della Tesla 3.
Le regole del Pwn2Own sono alquanto strane, dato che alcuni partecipanti potrebbero finire per non competere affatto.
Gli hacker Tesla (due categorie diverse), i partecipanti ai browser e alla virtualizzazione avranno tutti un turno, perché sono gli unici concorrenti nelle loro categorie.
O avranno successo nella mezz’ora di tempo a loro assegnata e reclameranno i loro premi, o falliranno e torneranno a casa a mani vuote.
La partecipazione di tutti gli altri dipende da ciò che è già accaduto.
Pwn2Own non è come, ad esempio, un evento sportivo a cronometro (si pensi alla discesa libera con gli sci), dove anche se il primo partecipante batte l’attuale record mondiale e sembra aver stabilito un tempo invincibile, deve comunque aspettare che l’ultimo concorrente finisca per scoprire se il suo tempo iniziale era abbastanza buono.
In Pwn2Own, invece, il primo partecipante che completa il percorso vince il premio e chiude la categoria per tutti gli altri: se si trattasse di sci alpino, il primo sciatore non dovrebbe battere un record per vincere subito, ma solo arrivare in fondo senza cadere o superare un tempo limite prestabilito.
La velocità non è del tutto indifferente in Pwn2Own. Avete un massimo di tre tentativi per dimostrare che il vostro hack funziona davvero, ciascuno della durata massima di cinque minuti, e avete 30 minuti in totale per completare i tre tentativi. In altre parole, dovete arrivare completamente preparati, con la vostra ricerca adeguatamente scritta. Pwn2Own non è assolutamente un evento in stile film “hack-it-live-and-see-what-happens”. Non basta introdursi, bisogna conoscere i dettagli più intimi di come e perché funziona il proprio attacco, in modo da poterlo correggere in modo affidabile. Ironia della sorte, le entrate più drammatiche non sono quelle in cui il concorrente riesce finalmente e freneticamente a violare il sistema con pochi secondi di anticipo, come potrebbe accadere a Hollwood. Gli hack che suscitano il maggior clamore sono quelli in cui i concorrenti, preparati in modo spettacolare, si avvicinano al sistema, lanciano il loro attacco, scrupolosamente studiato, con un solo clic o comando, e riescono subito, senza alcun dramma apparente.
Il settimo concorrente estratto nella categoria Windows 11, ad esempio, non può vincere semplicemente per essere il migliore, il più veloce o per qualche altro risultato superlativo: può vincere solo se tutti i precedenti sei partecipanti falliscono completamente e il loro hack funziona.
Sicurezza Informatica
Nuovo attacco “Pathfinder” alle CPU Intel: è il nuovo Spectre?
Tempo di lettura: 2 minuti. Pathfinder mira ai CPU Intel, in grado di recuperare chiavi di crittografia e perdere dati attraverso tecniche di attacco Spectre.
Ricercatori hanno scoperto due nuovi metodi di attacco che prendono di mira i CPU Intel ad alte prestazioni, potenzialmente sfruttabili per recuperare le chiavi di crittografia utilizzate dall’algoritmo AES (Advanced Encryption Standard). Questi attacchi sono stati denominati collettivamente Pathfinder.
Dettagli tecnici
Pathfinder permette agli aggressori di leggere e manipolare componenti chiave “del predittore di diramazione“, permettendo principalmente due tipi di attacchi: ricostruire la storia del flusso di controllo del programma e lanciare attacchi Spectre ad alta risoluzione. Questo include l’estrazione di immagini segrete da librerie come libjpeg e il recupero delle chiavi di crittografia AES attraverso l’estrazione di valori intermedi.
Meccanismo dell’attacco
L’attacco si concentra su una caratteristica del predittore di diramazione chiamata Path History Register (PHR), che tiene traccia delle ultime diramazioni prese. Questo viene utilizzato per indurre errori di previsione di diramazione e far eseguire al programma vittima percorsi di codice non intenzionali, rivelando così i suoi dati confidenziali.
Dimostrazioni pratiche
Nel corso delle dimostrazioni descritte nello studio, il metodo si è dimostrato efficace nell’estrazione della chiave segreta di crittografia AES e nella fuga di immagini segrete durante l’elaborazione con la libreria di immagini libjpeg ampiamente utilizzata.
Misure di mitigazione
Intel ha risposto con un avviso di sicurezza, affermando che Pathfinder si basa sugli attacchi Spectre v1 e che le mitigazioni precedentemente implementate per Spectre v1 e i canali laterali tradizionali attenuano gli exploit segnalati. Non ci sono prove che impatti i CPU AMD.
Implicazioni per la Sicurezza
Questo attacco evidenzia la vulnerabilità del PHR a fughe di informazioni, rivela dati non accessibili attraverso i Prediction History Tables (PHTs), espone una gamma più ampia di codice di diramazione come superfici di attacco potenziali e non può essere mitigato (cancellato, offuscato) utilizzando tecniche proposte per i PHTs. Queste scoperte sono cruciali per la comprensione delle vulnerabilità nelle moderne architetture di CPU e sottolineano la necessità di continuare a sviluppare e implementare robuste misure di sicurezza per proteggere dati sensibili e infrastrutture critiche.
Sicurezza Informatica
Nuovo attacco “TunnelVision” espone il traffico VPN
Tempo di lettura: 2 minuti. Scopri come il nuovo attacco TunnelVision utilizza server DHCP malevoli per esporre il traffico VPN, eludendo la crittografia e mettendo a rischio la sicurezza degli utenti.
Un recente attacco denominato “TunnelVision” può deviare il traffico fuori dal tunnel crittografato di una VPN, consentendo agli aggressori di intercettare il traffico non crittografato mentre si mantiene l’apparenza di una connessione VPN sicura. Questo attacco è stato dettagliato in un rapporto di Leviathan Security, che sfrutta l’opzione 121 del Dynamic Host Configuration Protocol (DHCP) per configurare percorsi statici di classe su un sistema client.
Metodo dell’attacco
Gli aggressori configurano un server DHCP malevolo che modifica le tabelle di instradamento in modo che tutto il traffico VPN venga inviato direttamente alla rete locale o a un gateway maligno, evitando così il tunnel VPN crittografato. L’approccio consiste nell’operare un server DHCP sulla stessa rete di un utente VPN bersagliato e configurare il DHCP per utilizzare se stesso come gateway.
Sicurezza e vulnerabilità
Una delle principali preoccupazioni è l’assenza di un meccanismo di autenticazione per i messaggi in entrata nel DHCP che potrebbero manipolare i percorsi. Questo problema di sicurezza è noto e sfruttabile dai malintenzionati almeno dal 2002, ma non ci sono casi noti di sfruttamento attivo in campo.
Identificazione e impatto
Il problema, denominato CVE-2024-3661, colpisce i sistemi operativi Windows, Linux, macOS e iOS, con l’eccezione di Android che non supporta l’opzione DHCP 121 e quindi non è influenzato dagli attacchi TunnelVision.
Mitigazione dell’attacco TunnelVision
Gli utenti possono essere più esposti agli attacchi TunnelVision se si connettono a una rete controllata dall’aggressore o dove l’aggressore ha presenza. Le mitigazioni proposte includono l’uso di spazi di nomi di rete su Linux per isolare le interfacce di rete e le tabelle di instradamento dal resto del sistema, configurare i client VPN per negare tutto il traffico in entrata e in uscita che non utilizza l’interfaccia VPN, e configurare i sistemi per ignorare l’opzione DHCP 121 mentre sono connessi a una VPN.
Raccomandazioni per i Fornitori VPN
I fornitori di VPN sono incoraggiati a migliorare il loro software client per implementare propri gestori DHCP o integrare controlli di sicurezza aggiuntivi che bloccherebbero l’applicazione di configurazioni DHCP rischiose. Questo attacco evidenzia la necessità di una maggiore vigilanza e di misure di sicurezza più robuste nei sistemi di rete, soprattutto per quegli utenti che dipendono da connessioni VPN per la protezione dei loro dati sensibili.
Sicurezza Informatica
Truffatori austriaci scappano dagli investitori, ma non dalla legge
Tempo di lettura: 2 minuti. Le forze dell’ordine hanno smascherato e arrestato un gruppo di truffatori austriaci dietro una frode di criptovalute.
Le forze dell’ordine austriache, cipriote e ceche hanno arrestato sei austriaci responsabili di una truffa online relativa a criptovalute. Europol e Eurojust hanno supportato questa indagine mirata ai creatori di una presunta nuova criptovaluta lanciata nel dicembre 2017. Durante l’operazione sono stati eseguiti sei perquisizioni domiciliari, sequestrando oltre 500.000 euro in criptovalute, 250.000 euro in valuta corrente, e bloccato decine di conti bancari. Inoltre, sono stati sequestrati due automobili e una proprietà di lusso del valore di 1.400.000 euro.
Dettagli della Truffa
Tra dicembre 2017 e febbraio 2018, i truffatori hanno finto di aver creato una compagnia di trading online legittima che aveva emesso una nuova criptovaluta. L’offerta iniziale di moneta (ICO) ammontava a 10 milioni di token – o diritti rispettivi alla nuova valuta. Gli investitori hanno pagato in criptovalute consolidate come Bitcoin o Ethereum. Per guadagnare credibilità con gli investitori, i truffatori austriaci hanno anche sostenuto di aver sviluppato il proprio software e un algoritmo unico per la vendita dei token.
Comportamenti sospetti ed Exit Scam
Tradizionalmente, un’ICO si basa sulla trasparenza e comunica chiaramente su ogni membro del team responsabile. In questo caso, c’era una mancanza di trasparenza riguardo i membri del team coinvolti e l’algoritmo alla base della criptovaluta. Nel febbraio 2018, i perpetratori hanno improvvisamente chiuso tutti gli account dei social media del progetto e ritirato offline il sito web della falsa compagnia. Dopo questa truffa di uscita, è diventato evidente agli investitori di essere stati frodati.
Sforzo collaborativo delle Forze dell’Ordine
Gli specialisti di Europol hanno organizzato cinque incontri operativi e hanno lavorato in stretta collaborazione con il desk austriaco presso Eurojust, fornendo un’analisi olistica dell’indagine. Europol ha anche dispiegato uno specialista con un ufficio mobile a Cipro per supportare le attività operative e facilitare lo scambio di informazioni. Eurojust ha supportato il giorno dell’azione con un centro di coordinamento, consentendo una comunicazione in tempo reale tra tutte le autorità giudiziarie coinvolte e l’esecuzione rapida dei mandati di arresto europei e dei mandati di perquisizione.
Autorità Partecipanti:
- Austria: Servizio di Intelligence Criminale dell’Austria (Bundeskriminalamt – Centro di Competenza per la Cybercriminalità (C4)), Ufficio Specializzato per la Lotta contro i Crimini Economici e la Corruzione (Wirtschafts- und Korruptionsstaatsanwaltschaft)
- Cipro: Polizia di Cipro a Larnaca
- Repubblica Ceca: Polizia della Repubblica Ceca, Agenzia Nazionale per la Lotta al Crimine Organizzato (Národní centrála proti organizovanému zločinu – NCOZ)
Agenzie Partecipanti: Europol, Eurojust
Questo caso dimostra l’efficacia della collaborazione internazionale nel contrasto al crimine organizzato e alla frode finanziaria, sottolineando l’importanza della vigilanza nella partecipazione a investimenti in criptovalute.
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