Addio al primo Papa ipertecnologico

da Livio Varriale
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Papa Francesco è morto. La notizia, confermata dal Vaticano, scuote una Chiesa cattolica già in profonda trasformazione. Jorge Mario Bergoglio lascia un pontificato segnato da luci e ombre, da aperture inedite su temi tabù – dall’accoglienza delle coppie omosessuali al dibattito su fine vita ed eutanasia – e da due obiettivi strategici rimasti incompiuti: l’intesa con Pechino per l’espansione cattolica in Cina e la lotta alla diffusione incontrollata di psicofarmaci negli Stati Uniti.

Il confronto con i predecessori è inevitabile. Dopo Giovanni Paolo II, icona dell’antico scontro con il comunismo, e dopo il teologico ma gelido Benedetto XVI, Bergoglio ha tentato la via di una “Chiesa in uscita”, più inclusiva e meno dogmatica. Ha però trovato resistenze interne, soprattutto nei ranghi più tradizionalisti del Vaticano, e una crescente diffidenza di parte del laicato per il suo stile definito da molti “troppo politico”.

Il vero terreno su cui Papa Francesco ha inciso – e che consegna come eredità più controversa – è quello della tecnologia. È stato il primo pontefice a benedire pubblicamente Internet – «non temete di diventare cittadini digitali» – e a parlare di algoretica, invocando regole etiche globali per l’intelligenza artificiale. Ha partecipato al G7 di Fasano come capo di Stato e “profeta” di una IA dal volto umano, ma quell’appello è rimasto poco più di un manifesto: la corsa agli algoritmi, spinta da potenze militari e colossi privati, non si è fermata.

La stessa Santa Sede, paradossalmente, si è legata a partner hi‑tech dal profilo tutt’altro che evangelico, stringendo accordi con aziende coinvolte nella difesa e nella sorveglianza. Nel contempo l’immagine del pontefice è stata strumentalizzata dai deep fake, il più celebre la foto virale con il piumino Moncler: un campanello d’allarme sui rischi della disinformazione digitale, che ha reso ancora più urgente – ma irrisolta – la questione dell’“IA responsabile”.

Per molti fedeli la morte di Francesco è il tramonto di un Papa “della gente”, capace di riavvicinare quanti si erano allontanati. Per altri è la fine di un ciclo in cui, nel tentativo di modernizzare la Chiesa, si sono smarriti capisaldi dottrinali e si è spaccato il fronte interno. Lasciano il campo i cantieri aperti sul Sinodo, la riforma della Curia e la gestione opaca delle finanze vaticane; restano, soprattutto, le domande sul futuro rapporto fra fede, etica e tecnologia.

Ebbene, riposi in pace. Resta da capire se il prossimo pontefice raccoglierà il testimone dell’innovazione o cercherà una brusca sterzata verso l’ortodossia. In ogni caso, la partita dell’algoretica e della credibilità di una Chiesa globale nell’era dell’IA è soltanto all’inizio.

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