Sommario
Negli ultimi mesi, la presenza di Donald Trump e di J.D. Vance ha iniziato a scuotere l’Europa, soprattutto sul piano geopolitico. In questo momento storico e dopo le dichiarazioni del nuovo establishment USA su paesi come la Groenlandia che dovrebbe passare sotto l’egida degli Stati Uniti d’America insieme al Canada si concretizza uno scenario ben più ampio, segnato dall’attrito tra Russia e America. Non è tanto l’accordo che la Russia e gli USA sembrano stringere per porre fine al conflitto ucraino, a preoccupare è piuttosto la reazione dell’Europa, che avverte l’esigenza di rimettersi a produrre armamenti per rafforzare il proprio potenziale di Difesa e intende, nello stesso tempo, investirvi risorse tecnologiche. L’aumento dei costi energetici provocato dal conflitto russo-ucraino ha complicato ulteriormente i piani di riconversione industriale del Vecchio Continente, già in difficoltà sul fronte della trasformazione digitale.
La volontà dell’Europa di puntare sulla Difesa e sull’intelligence è tesa a ottenere una maggiore deterrenza, data la percezione della Russia come primo avversario sulla scala della distanza geografica. Nel frattempo, gli Stati Uniti “corteggiano” la medesima Russia, e il fronte più europeista si dimostra insolitamente aperto verso la Cina attraverso le considerazioni di diversi analisti che un tempo erano per l’allontanamento dei rapporti con Pechino proprio per favorire l’area commerciale della NATO ad oggi divisa tra USA Trumpiana e l’asse Anglo-Europeo..
Huawei al MWC 2025: una vittoria schiacciante con 33 premi
Un segnale evidente di tale riavvicinamento è rappresentato dall’andamento del mercato tecnologico: dopo il fallimento della maggiore impresa europea dedicata alle batterie elettriche, che aveva raccolto ben 15 miliardi di euro, il Mobile World Congress del 2025 a Barcellona ha consacrato Huawei come il colosso più avanzato in fatto di 5G e di soluzioni di intelligenza artificiale, meritando ben 33 premi assegnati dalla stampa.
Tra i riconoscimenti più significativi figurano:
- miglior innovazione per le reti 5G
- leadership nelle tecnologie AI per le telecomunicazioni
- premio per l’innovazione nelle soluzioni cloud
Questo risultato rappresenta un’ulteriore conferma della centralità di Huawei nel settore, nonostante le sanzioni e restrizioni imposte da vari governi occidentali. L’azienda ha puntato molto sulla presentazione di tecnologie avanzate per le reti 6G, l’edge computing e le nuove soluzioni per le smart cities, dimostrando di voler mantenere il suo primato nell’innovazione. Ciò fa emergere l’interesse del mercato europeo nei confronti degli investitori cinesi, già presenti a livello capillare sul territorio e ora pronti a riconquistare il favore di settori tecnologici chiave.
Prima i russi, poi i cinesi
Tutto questo accade in una fase in cui Trump aveva di fatto indotto l’Occidente a diffidare fortemente della tecnologia cinese, complice la stessa Pechino, che negli ultimi anni ha spinto i produttori interni a modificare o a integrare gli standard dei dispositivi per motivi legati al controllo statale. Ciò ricorda, in maniera parallela, la vicenda di Kaspersky, che dopo l’invasione russa in Ucraina è stato messo al bando da alcuni governi occidentali, ma continua a collaborare in diverse realtà globali. L’Europa, dunque, si trova oggi a un bivio: è alla ricerca di competenze tecnologiche che mancano in larga misura al proprio sistema industriale, ma si interroga anche su quanto affidarsi a Huawei e ad altre aziende cinesi possa rivelarsi un’operazione rischiosa in termini di cybersecurity e dipendenza strategica.
A complicare la faccenda contribuisce la corrente “nostalgica” nei confronti dei rapporti con la Cina, sostenuta, almeno in parte, dall’area prodiana che fa capo al PD e, in passato, da alcuni rappresentanti della destra, i quali hanno favorito accordi commerciali con Pechino. Questa inclinazione sta creando un effetto boomerang: l’Unione Europea si trova infatti a dover rispondere degli errori commessi
si pensi al famoso “caso della Via della Seta” smantellato da Meloni senza non poche critiche da grillini e l’area Pd più a sinistra, o alle accuse rivolte ai lobbisti di Bruxelles che avrebbero agevolato l’ingresso di Huawei nel mercato comunitario tutt’ora in piedi.
Le ombre dello scandalo: Huawei e le indagini sui politici italiani
Parallelamente ai successi nel settore tecnologico, Huawei è nuovamente al centro di un caso giudiziario in Italia. Nuove indagini della magistratura italiana stanno rivelando il coinvolgimento di altri politici italiani in presunte attività di lobbying illegale e corruzione a favore del colosso cinese.
L’inchiesta segue quella aperta a livello europeo, dove Huawei è sospettata di aver influenzato decisioni politiche strategiche tramite pressioni e favori economici a membri del parlamento europeo. Ora, le autorità italiane starebbero approfondendo possibili legami tra l’azienda e rappresentanti di istituzioni locali e nazionali.
Le ipotesi investigative suggeriscono che alcuni esponenti politici potrebbero aver favorito Huawei nell’assegnazione di contratti pubblici e progetti di infrastrutture digitali, specialmente nel settore delle telecomunicazioni e della sicurezza informatica. L’accusa principale riguarda il rischio che Huawei abbia cercato di aggirare le restrizioni imposte dal governo italiano sul suo coinvolgimento nella rete 5G.
L’Europa torna su suoi passi?
L’opzione cinese, ad oggi e dopo anni di “cessione” del Know How da parte nostra in cambio di una manodopera sfruttata ed economica, è dettata dalla convenienza: materiali prodotti a basso costo e con qualità in costante aumento. Ciò non toglie che ad oggi l’UE sia sprovvista di un produttore hardware in grado di competere con l’industria cinese, ma anche statunitense e taiwanese, e di garantire un controllo totale sulla filiera. È un tema che si trascina dai tempi del Ministero degli Esteri retto da Luigi Di Maio, quando un celebre “vaso cinese” regalato alla Farnesina diventò il simbolo di un primo avvicinamento ufficiale dell’Italia al governo di Pechino con tanto di investimenti in Italia di Huawei.

Il conflitto russo-ucraino, successivamente, ha avvicinato ulteriormente Mosca e Pechino, ma la Cina sembra oggi insofferente alle richieste di Putin e propensa a un riavvicinamento al blocco occidentale, che rappresenta la più grande fetta di consumatori e la più grande opportunità di investimenti. Di fronte a questo scenario, “gli anticorpi” dell’Europa, cioè le politiche più protezionistiche o i tentativi di rafforzare la propria autonomia tecnologica, non paiono ancora sufficienti. Il Vecchio Continente, in rotta parziale con gli Stati Uniti e tentato dalla prospettiva cinese, rischia di trovarsi diviso tra la volontà di salvaguardare i propri interessi di sicurezza e la necessità di abbracciare soluzioni tecnologiche all’avanguardia non solo nel campo dell’elettrico.
Un paradosso cinese per l’Europa?
Huawei si trova in un momento particolarmente delicato: da un lato, il suo contributo all’innovazione è innegabile, come dimostrato dai numerosi riconoscimenti ottenuti al MWC 2025; dall’altro, le accuse di pratiche poco trasparenti nelle relazioni con i governi occidentali continuano a sollevare dubbi sulla sua affidabilità.
Questa dualità crea un paradosso che mette in difficoltà anche i governi europei: da una parte, Huawei è un attore imprescindibile nel progresso tecnologico; dall’altra, le preoccupazioni sulla sicurezza nazionale e sull’influenza cinese nei settori strategici non possono essere ignorate.
Se le indagini in Italia e in Europa dovessero confermare le accuse, Huawei potrebbe trovarsi ad affrontare nuove restrizioni e ostacoli nella sua espansione nel mercato occidentale. Tuttavia, i continui riconoscimenti tecnologici dimostrano che, nonostante le controversie, l’azienda mantiene la sua posizione di leader nel settore delle telecomunicazioni ed in Africa è già presente in forma capillare e questo fa presupporre che dia molto fastidio alla Francia.