Robot salta 3 metri senza gambe

da Lorenzo De Santis matricedigitale.it
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Un robot salta 3 metri senza gambe: ispirato dai nematodi, l’ingegneria imita la biomeccanica più estrema

Un team di ricercatori del Georgia Institute of Technology, in collaborazione con l’Università della California, Berkeley, ha sviluppato un robot capace di compiere salti fino a tre metri d’altezza, pur non avendo gambe. Il progetto prende ispirazione dal comportamento biomeccanico estremo dei nematodi, piccoli vermi capaci di deformare il proprio corpo in modo da immagazzinare energia e catapultarsi in aria con movimenti direzionali controllati. L’idea di fondo: se un organismo lungo pochi millimetri può manipolare la propria massa corporea per saltare come un ginnasta, allora anche un robot morbido può farlo.

Nematodi come modello biomeccanico: salti controllati da pieghe e distribuzione della massa

Secondo l’autore principale Victor Ortega-Jimenez, ora docente all’Università della California, Berkeley, la scoperta nasce dall’osservazione ad alta velocità di nematodi che saltano da superfici piane, piegando il loro corpo in forme differenti a seconda della direzione desiderata. Per saltare all’indietro, il nematode punta la testa verso l’alto, crea una piega al centro del corpo e rilascia l’energia compressa in una capriola aerea. Per saltare in avanti, invece, inarca la parte posteriore del corpo e spinge verso l’alto come in un salto in lungo da fermo.

Questo meccanismo è controllato dalla modifica dinamica del centro di massa, che consente all’organismo di direzionare con precisione il salto pur non avendo arti né propulsori. Il risultato è un comportamento unico nel mondo animale, che combina agilità direzionale e efficienza energetica a una scala microscopica.

Simulazione digitale e replica robotica: la biomeccanica diventa ingegneria

Dopo aver filmato i movimenti dei nematodi, il team ha simulato al computer le traiettorie e le deformazioni strutturali, per poi costruire una serie di robot morbidi capaci di replicare i movimenti osservati. Le versioni iniziali, realizzate in materiali flessibili, sono state successivamente rinforzate con fibre di carbonio, ottenendo una struttura capace di immagazzinare e rilasciare energia elastica in modo simile agli organismi viventi.

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Il risultato è un dispositivo che può compiere salti verticali impressionanti – fino a tre metri, l’equivalente di centinaia di volte la propria altezza – senza l’uso di gambe, molle meccaniche o propulsori esterni. I test hanno dimostrato che il robot può modificare la direzione del salto variando la distribuzione del peso interno e la geometria delle pieghe.

Kink come vantaggio meccanico: una sfida ribaltata dalla natura

Uno degli aspetti più sorprendenti dell’intero progetto è la rivalutazione del concetto di kink (piegatura marcata), normalmente considerato un limite nei sistemi meccanici. Come sottolinea il ricercatore Ishant Tiwari, coautore dello studio e post-doc presso il Georgia Tech, le pieghe nei materiali sono generalmente un problema: nei vasi sanguigni possono causare ictus, nelle cannucce bloccano il flusso, nei tubi tagliano la pressione. Ma nei nematodi, la piega funziona come una molla biologica, accumulando energia cinetica pronta a essere rilasciata.

Il robot imita questo principio, utilizzando il kink non come errore strutturale, ma come sorgente di forza propulsiva. Il meccanismo è scalabile, e potrebbe presto essere adattato a robot più grandi o a dispositivi mobili con necessità di mobilità estrema.

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Verso nuove forme di locomozione autonoma: robot morbidi per ambienti complessi

La possibilità di costruire robot saltatori senza gambe apre scenari radicali per l’esplorazione in ambienti dove le ruote o i piedi sono inefficienti: terreni accidentati, zone post-catastrofe, o spazi chiusi. A differenza dei robot a gambe rigide, queste macchine possono trasformarsi, saltare ostacoli, e ridurre al minimo le parti in movimento, con un notevole vantaggio in termini di affidabilità e manutenzione.

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In prospettiva, l’integrazione di materiali reattivi, sistemi di guida autonoma e feedback sensoriale potrebbe permettere a questi dispositivi di navigare autonomamente spazi irregolari, riconoscere pattern ambientali e compiere azioni complesse su scala ridotta.

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