Editoriali
Da LinkedIn alla Stampa: tutti pazzi per ACN e la PA bucata
Tempo di lettura: 3 minuti. Ogni giorno si sprecano like ai post autoreferenziali, giornalisti che censurano la controparte per fare un favore e nessuno che chiede mai la testa dei responsabili. Benvenuti nell’Italia della sicurezza informatica
Il mondo è bello perchè è vario, ma non quando si tratta di LinkedIn e dei giornali. Autoreferenzialità e propagandismo sono all’ordine del giorno dove esperti e fornitori della PA escono sui giornali evidenziando i punti di forza dei propri prodotti e delle proprie competenze ottenendo una massa di like da tutti coloro che li seguono.
Anche LinkedIn è diventato così: un luogo vetrina dove proporsi e dove proporre luoghi comuni che rendono l’Italia il miglior paese al mondo nel campo della sicurezza informatica e delle professionalità nel settore.
C’è nessuno però che dinanzi ai fails della Pubblica Amministrazione chieda la testa dei responsabili. Quando PAGO PA ha diffuso i dati degli italiani all’estero con il codice di Google Analytics tutti zitti per poi applaudire alle azioni di recupero dai danni fatti.
Stesso discorso vale per Sogei, che gestisce gli apparati fisici e software della Pubblica Amministrazione, e che, per sfortuna della sorte proprio nello stesso giorno dell’attacco di LockBit è stata incensata nelle pagine del Corriere per le sue capacità.
Questo metodo non appartiene solo al Corriere, sia chiaro, ma ad una schiera di addetti al mondo dell’informazione e della cybersecurity che non ha coraggio di alzare il ditino contro il potere e porre domande scomode.
L’esempio più eclatante è stato nella narrazione della guerra cibernetica tra Russia e Ucraina dove si è raccontata una realtà che non esisteva in linea con la propaganda occidentale sul caso.
Solo in Italia ?
Beh, in Italia come al solito c’è paura nel chiedere spiegazioni o trovarle, piuttosto è più comodo dare voce alle fonti istituzionali che raccontano quello che gli pare e soprattutto guai a fare nomi o a mettere in discussione quello che passa lo Stato.
Sembrerebbe il modo giusto per tutelare gli interessi pubblici, ma se il pubblico siamo noi cittadini, questioni come quelle citate in precedenza se gestite male sono un boomerang per tutti noi.
Però questo non sembra importare a chi dovrebbe fare luce ed avere il coraggio di chiedere la testa quando bisogna rendere conto degli errori soprattutto a chi gestisce la Res Publica. Se un professionista ha interesse a non farsi nemico il governo di cui può diventare fornitore, un giornalista che interessi ha?
Chi gestisce la comunicazione di ACN?
Con quali redazioni ACN ha contatti?
Chi sono i media partner di ACN agli eventi?
Quali giornalisti sono presenti agli eventi?
Dandosi risposte alle domande più sopra, una idea di interessi e conflitti di interessi è possibile farsela, soprattutto se si fa una analisi del tenore degli articoli e, se sempre accomodanti, è possibile anche sospettare che esista un cartello della stampa digitale nel nostro paese soprattutto se mai sono critici nei confronti della PA e degli organi statali.
A pro di che? Sono solo rapporti redazionali e personali con la dirigenza di turno oppure c’è dell’altro?
Domande che hanno delle risposte e che vi invitiamo a formulare nella vostra mente per comprendere se tutto questo fa bene agli interessi del Paese o ai suoi rappresentanti che oggi ci sono e domani non più, ma avranno lasciato un cimitero di competenze ed innovazione nella Cosa Pubblica.
L’Enisa conferma le analisi di Matrice Digitale sulla guerra cibernetica
Cosa ancora più grave non è nemmeno quando si giura obbedienza indiscriminata alla necessità di Stato, ma quando i paladini dei diritti civili calano un profondo silenzio su questioni come quelle di Assange, del Trojan di stato oppure della necessità di spostare a terzi la sovranità digitale del paese.
Perchè il silenzio, quando si ha il potere di romperlo e non lo si fa, è connivenza prim’ancora che diventi convenienza.
Editoriali
Anche su Giovanna Pedretti avevamo ragione
Tempo di lettura: 2 minuti. Procura di Lodi chiede l’archiviazione sul suicidio di Giovanna Pedretti, escludendo colpe di Lucarelli e Biagiarelli: la recensione era falsa
Recentemente, la Procura di Lodi ha avanzato una richiesta di archiviazione per il caso di Giovanna Pedretti, la ristoratrice di Sant’Angelo Lodigiano trovata morta a gennaio nelle acque del Lambro. L’indagine ha escluso qualsiasi istigazione o aiuto al suicidio da parte di terze persone.
Dettagli dell’indagine
La vicenda di Pedretti aveva suscitato grande attenzione mediatica, specialmente sui social media, dopo che era stata accusata ingiustamente di aver pubblicato una recensione falsa online. Questo episodio era seguito a una tempesta di critiche, principalmente influenzata da una serie di post di Selvaggia Lucarelli e del suo compagno, Lorenzo Biagiarelli, che avevano messo in dubbio l’autenticità della recensione. Tuttavia, le indagini hanno dimostrato che la recensione era effettivamente falsa e che nessuna azione diretta di terzi ha contribuito al tragico evento.
Esito e Reazioni
Con la richiesta di archiviazione, si chiude un capitolo doloroso, ma sorgono interrogativi sulla responsabilità dei media e delle figure pubbliche nell’amplificare situazioni che possono avere conseguenze gravi. Selvaggia Lucarelli, tramite i suoi canali social, ha espresso sollievo e ha criticato duramente la stampa per la gestione della notizia, sottolineando come la situazione abbia evidenziato una “storia squallida e meschina”.
Matrice Digitale dalla parte della verità
Matrice Digitale si è schierata senza esito a favore di Selvaggia Lucarelli e del giornalista del TG3 andato a chiedere spiegazioni sulla veridicità del post su cui si è scatenata una gogna mediatica con un richiamo ufficiale dell’azienda attraverso il Governo. La verità era chiara dall’inizio: la recensione era falsa ed era stata trasformata in una notizia solo perchè sfruttava l’immagine della comunità LGBT con un messaggio che poteva essere positivo, ma non era sicuramente una notizia. Questo caso non dovrebbe passare inosservato per “rispetto del dolore della famiglia” bensì diventare un caso di studio come tanti altri avvenuti in passato dove la notizia si è costruita per fini politici e commerciali.
Editoriali
Chip e smartphone cinesi ci avvisano del declino Occidentale
Tempo di lettura: < 1 minuto. Un declino quasi annunciato facendo un’analisi geopolitica degli ultimi eventi nel settore dei semiconduttori
Dopo mesi di sanzioni alla Russia si scopre che l’approvvigionamento di Mosca dei processori è ritornato al livello di normalità Questo vuol dire che su 140 paesi nel mondo, le sanzioni anglo-euro-nato non sono state efficaci a costringere i russi a “rubare le lavatrici per utilizzare i chip“.
La Russia, sta costruendo in casa sua i processori, ma non hanno molto successo se consideriamo il fatto che molti sono difettosi. Quindi li prende dalla Cina che attraverso Huawei è entrata silenziosamente nel Mercato Europeo con la sua ultima creatura: la Serie Pura 70 non solo è uno smartphone potente, ma allo stesso tempo è l’evoluzione in stile Apple di quella che un tempo era considerata una cinesata.
Oggi questa cinesata è prodotta al 90% in Cina con materiali cinesi e questo dovrebbe far comprendere a noi Europei che se non facciamo i bravi, saremmo costretti ad usare i chip delle friggitrici ad aria e le plastiche delle bici per produrre degli smartphone.
Chiudiamo l’analisi, che difficilmente leggerete altrove per tanti motivi, tra cui la lesa maestà. La chiusura della fabbrica di Intel in Russia coincide con risultati economici disastrosi del gigante tecnologico.
Indovinate chi sta sopperendo a questa perdita con fondi pubblici: l’Europa.
Editoriali
MITRE vittima di zero day Ivanti: anche i migliori le prendono
Tempo di lettura: 2 minuti. Anche le organizzazioni ben preparate come MITRE possono essere vulnerabili a minacce cibernetiche avanzate
Nel contesto della sicurezza informatica, anche le organizzazioni più preparate possono trovarsi vulnerabili di fronte a minacce persistenti e avanzate, come dimostrato dagli attacchi recentemente subiti da MITRE. Questo caso sottolinea l’importanza di adottare un approccio informato sulle minacce per la difesa contro gli attacchi cyber sempre più sofisticati.
Cos’è MITRE?
MITRE è una corporazione senza scopo di lucro americana con sede principale a Bedford, Massachusetts, e una secondaria a McLean, Virginia. Fondata nel 1958, l’organizzazione opera centri federali di ricerca e sviluppo (FFRDCs) per conto del governo degli Stati Uniti. MITRE è dedicata all’interesse pubblico e lavora su una vasta gamma di questioni di sicurezza nazionale, aviazione, sanità, cybersecurity e innovazione del governo.
La missione principale di MITRE è quella di risolvere problemi complessi per un mondo più sicuro, fornendo ricerca, sviluppo e consulenza strategica ai vari enti governativi per aiutarli a prendere decisioni informate e implementare soluzioni tecnologiche avanzate. Uno degli aspetti notevoli del lavoro di MITRE è il suo impegno nella sicurezza informatica, attraverso lo sviluppo di framework e strumenti come il Common Vulnerabilities and Exposures (CVE) e l’ATT&CK framework, che sono largamente utilizzati a livello internazionale per la gestione delle minacce e la protezione delle infrastrutture critiche. Per ulteriori informazioni, puoi visitare il sito ufficiale.
Dettagli dell’attacco subito da MITRE
MITRE, un’organizzazione che si impegna a mantenere elevati standard di sicurezza cibernetica, ha recentemente rivelato di essere stata vittima di un attacco informatico significativo. Nonostante la solidità delle sue difese, MITRE ha scoperto vulnerabilità critiche che sono state sfruttate dagli attaccanti, segnalando un tema di sicurezza concentrato sulla compromissione di dispositivi di protezione perimetrale.
L’incidente e le sue conseguenze
L’attacco ha avuto inizio con un’intensa attività di ricognizione da parte degli attaccanti nei primi mesi del 2024, culminata nell’uso di due vulnerabilità zero-day nel VPN di Ivanti Connect Secure, bypassando l’autenticazione multifattore tramite session hijacking. Questo ha permesso agli attaccanti di muoversi lateralmente e infiltrarsi profondamente nell’infrastruttura VMware di MITRE, utilizzando account amministrativi compromessi e un mix di backdoor sofisticate e web shell per mantenere la persistenza e raccogliere credenziali.
Risposta di MITRE all’incidente
La risposta all’incidente ha incluso l’isolamento dei sistemi colpiti, la revisione completa della rete per impedire ulteriori diffusione dell’attacco, e l’introduzione di nuove suite di sensori per monitorare e analizzare i sistemi compromessi. Inoltre, l’organizzazione ha avviato una serie di analisi forensi per determinare l’entità del compromesso e le tecniche utilizzate dagli avversari.
Lezioni apprese e miglioramenti futuri
Questo incidente ha rafforzato per MITRE l’importanza di comprendere i comportamenti degli hacker come mezzo per sconfiggerli, spingendo l’organizzazione a creare tassonomie comportamentali che catalogano le TTP (tattiche, tecniche e procedure) degli avversari, che hanno portato alla creazione di MITRE ATT&CK®. Questo evento ha anche stimolato l’adozione del concetto di difesa informata dalle minacce, culminando nella creazione del Center for Threat-Informed Defense. L’incidente di sicurezza subito serve da monito per tutte le organizzazioni sulla necessità di mantenere sistemi di difesa aggiornati e proattivi, utilizzando le risorse come il MITRE ATT&CK, costantemente monitorato anche da CISA i cui bollettini sono riportati puntualmente da Matrice Digitale, per rimanere informati sulle ultime strategie degli avversari e su come contrastarle efficacemente.
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