Sicurezza Informatica
Facebook: raffica di limitazioni a profili simpatizzanti per la pace. Ecco come fare per evitare i blocchi
Mentre Putin continua a “fare il Putin“, l’occidente chiude ogni possibilità ai pacifisti di proliferare sui social. Il pacifismo non è contemplato nei social network dove i contenuti divisivi sono in gran parte tollerati.
La strategia applicata dalle varie piazze virtuali che ospitano i pareri e le vite quotidiane degli utenti sembra essere differente. Chi si è esposto maggiormente nel censurare pareri contrastanti alla guerra ed all’invasione russa, il che non vuol dire giustificarla, è Facebook. La piattaforma di Mark Zuckerberg sta dimostrando di essere molto attenta ai pareri discordanti rispetto alla massa di utenti che ogni giorno provano a fare luce sulle storture dell’Occidente.
Una situazione paradossale se pensiamo che i nemici della Russia e della sua democrazia rivisitata in chiave tirannica non ammettono censura ed invocano la libertà di espressione ed invece hanno algoritmi stringenti che sono molto attenti alle informazioni che girano sulle piazze social.
Sono tante, troppe, le segnalazioni di blocchi che giungono da parte di Facebook a giornalisti, politici e attivisti dei diritti umani. Dal punto di vista del sentiment, questa ipotesi ad oggi non è considerata come una diminutio della libertà di espressione da parte della popolazione occidentale a causa dell’imponente condanna unanime che i paesi occidentali profondono a tutto campo nei confronti di Putin e del paese da lui diretto.
Una scelta che per l’ennesima volta mette Facebook nell’agone politico come soggetto che perpetra un pensiero, uscendo dal confine della funzione social per entrare in quello di un house organ.
Rispetto alle decisioni precedenti intraprese su questioni di immigrazione, gender, antisemitismo, razzismo quella di schierarsi dalla parte dell’ucraina nella guerra è un segnale molto forte perché paradossalmente può essere una presa di posizione in favore di una guerra più ampia.
Le limitazioni: ban e blocchi
Le limitazioni in cui si può incorrere è il blocco della pubblicazione dei post e l’affissione dei “mi piace”.
Questa limitazione può durare tre giorni, una settimana, quindici giorni o un mese fino a crescere ed arrivare al blocco definitivo.
Un profilo limitato, inoltre, su cui si poggiano anche questioni commerciali, subisce anche restrizioni nelle pagine e nei gruppi che si gestiscono.
Cosa ancora più incongruente con l’ultimo punto, è che Facebook continua a proporre le sponsorizzate delle pagine ai soggetti bloccati: da un lato non vuole che si parli secondo uno standard stabilito da lui, dall’altro prova a spremere gli investitori, anche se puzzano di incitamento all’odio.
Cosa fare per non incorrere nei blocchi?
Facebook è molto sensibile alle parole che riguardano armi, bombe e quindi è necessario provare a comprendere come funziona l’intelligenza artificiale che costantemente monitora tutto ciò che viene pubblicato o che viene segnalato.
Inoltre, il problema dell’intelligenza artificiale è essenzialmente l’incapacità di riuscire a decifrare quella terra di mezzo composta dai commenti ironici o dal linguaggio ricorrente delle minoranze.
In poche parole se scrivo a un amico “ti possano sparare”, Facebook interviene e ti blocca perché sostiene che vuoi sparare al tuo amico.
Invece di donare armi i paesi possono usare una diplomazia diversa dalle bombe? Anche questa frase è borderline e consente una interpretazione ambigua.
In poche parole, bisogna evitare appellativi come la f word, r word o parole dialettiche che possono sembrare discriminanti a differenza di altri contesti a volte anche goliardici.
Anche esclamare “gli italiani sono una merda” può essenzialmente mettere le persone nel vortice del ban.
Imparare a conoscere come agisce l’intelligenza artificiale è importante per non essere considerati soggetti a rischio dal social, che inizia ad accendere una lente di ingrandimento su quei profili che segnalano con più frequenza o che sono incorsi già in diverse restrizioni. Immaginiamo di essere inseriti in una lista nera, profilati in un determinato modo non corrispondente al nostro pensiero, e che queste schede su ognuno di noi venissero consegnate ad organi statali come attività di segnalazione, formale o informale, con il fine di aggiornare lo schedario sulla popolazione di uno Stato o di una entità sovranazionale. Questo scenario, sdoganato da Snowden, potrebbe essere utile o meno, ma certamente non dovrebbe essere gestito da una multinazionale, per di più americana.
Sicurezza Informatica
Nuovo attacco “TunnelVision” espone il traffico VPN
Tempo di lettura: 2 minuti. Scopri come il nuovo attacco TunnelVision utilizza server DHCP malevoli per esporre il traffico VPN, eludendo la crittografia e mettendo a rischio la sicurezza degli utenti.
Un recente attacco denominato “TunnelVision” può deviare il traffico fuori dal tunnel crittografato di una VPN, consentendo agli aggressori di intercettare il traffico non crittografato mentre si mantiene l’apparenza di una connessione VPN sicura. Questo attacco è stato dettagliato in un rapporto di Leviathan Security, che sfrutta l’opzione 121 del Dynamic Host Configuration Protocol (DHCP) per configurare percorsi statici di classe su un sistema client.
Metodo dell’attacco
Gli aggressori configurano un server DHCP malevolo che modifica le tabelle di instradamento in modo che tutto il traffico VPN venga inviato direttamente alla rete locale o a un gateway maligno, evitando così il tunnel VPN crittografato. L’approccio consiste nell’operare un server DHCP sulla stessa rete di un utente VPN bersagliato e configurare il DHCP per utilizzare se stesso come gateway.
Sicurezza e vulnerabilità
Una delle principali preoccupazioni è l’assenza di un meccanismo di autenticazione per i messaggi in entrata nel DHCP che potrebbero manipolare i percorsi. Questo problema di sicurezza è noto e sfruttabile dai malintenzionati almeno dal 2002, ma non ci sono casi noti di sfruttamento attivo in campo.
Identificazione e impatto
Il problema, denominato CVE-2024-3661, colpisce i sistemi operativi Windows, Linux, macOS e iOS, con l’eccezione di Android che non supporta l’opzione DHCP 121 e quindi non è influenzato dagli attacchi TunnelVision.
Mitigazione dell’attacco TunnelVision
Gli utenti possono essere più esposti agli attacchi TunnelVision se si connettono a una rete controllata dall’aggressore o dove l’aggressore ha presenza. Le mitigazioni proposte includono l’uso di spazi di nomi di rete su Linux per isolare le interfacce di rete e le tabelle di instradamento dal resto del sistema, configurare i client VPN per negare tutto il traffico in entrata e in uscita che non utilizza l’interfaccia VPN, e configurare i sistemi per ignorare l’opzione DHCP 121 mentre sono connessi a una VPN.
Raccomandazioni per i Fornitori VPN
I fornitori di VPN sono incoraggiati a migliorare il loro software client per implementare propri gestori DHCP o integrare controlli di sicurezza aggiuntivi che bloccherebbero l’applicazione di configurazioni DHCP rischiose. Questo attacco evidenzia la necessità di una maggiore vigilanza e di misure di sicurezza più robuste nei sistemi di rete, soprattutto per quegli utenti che dipendono da connessioni VPN per la protezione dei loro dati sensibili.
Sicurezza Informatica
Truffatori austriaci scappano dagli investitori, ma non dalla legge
Tempo di lettura: 2 minuti. Le forze dell’ordine hanno smascherato e arrestato un gruppo di truffatori austriaci dietro una frode di criptovalute.
Le forze dell’ordine austriache, cipriote e ceche hanno arrestato sei austriaci responsabili di una truffa online relativa a criptovalute. Europol e Eurojust hanno supportato questa indagine mirata ai creatori di una presunta nuova criptovaluta lanciata nel dicembre 2017. Durante l’operazione sono stati eseguiti sei perquisizioni domiciliari, sequestrando oltre 500.000 euro in criptovalute, 250.000 euro in valuta corrente, e bloccato decine di conti bancari. Inoltre, sono stati sequestrati due automobili e una proprietà di lusso del valore di 1.400.000 euro.
Dettagli della Truffa
Tra dicembre 2017 e febbraio 2018, i truffatori hanno finto di aver creato una compagnia di trading online legittima che aveva emesso una nuova criptovaluta. L’offerta iniziale di moneta (ICO) ammontava a 10 milioni di token – o diritti rispettivi alla nuova valuta. Gli investitori hanno pagato in criptovalute consolidate come Bitcoin o Ethereum. Per guadagnare credibilità con gli investitori, i truffatori austriaci hanno anche sostenuto di aver sviluppato il proprio software e un algoritmo unico per la vendita dei token.
Comportamenti sospetti ed Exit Scam
Tradizionalmente, un’ICO si basa sulla trasparenza e comunica chiaramente su ogni membro del team responsabile. In questo caso, c’era una mancanza di trasparenza riguardo i membri del team coinvolti e l’algoritmo alla base della criptovaluta. Nel febbraio 2018, i perpetratori hanno improvvisamente chiuso tutti gli account dei social media del progetto e ritirato offline il sito web della falsa compagnia. Dopo questa truffa di uscita, è diventato evidente agli investitori di essere stati frodati.
Sforzo collaborativo delle Forze dell’Ordine
Gli specialisti di Europol hanno organizzato cinque incontri operativi e hanno lavorato in stretta collaborazione con il desk austriaco presso Eurojust, fornendo un’analisi olistica dell’indagine. Europol ha anche dispiegato uno specialista con un ufficio mobile a Cipro per supportare le attività operative e facilitare lo scambio di informazioni. Eurojust ha supportato il giorno dell’azione con un centro di coordinamento, consentendo una comunicazione in tempo reale tra tutte le autorità giudiziarie coinvolte e l’esecuzione rapida dei mandati di arresto europei e dei mandati di perquisizione.
Autorità Partecipanti:
- Austria: Servizio di Intelligence Criminale dell’Austria (Bundeskriminalamt – Centro di Competenza per la Cybercriminalità (C4)), Ufficio Specializzato per la Lotta contro i Crimini Economici e la Corruzione (Wirtschafts- und Korruptionsstaatsanwaltschaft)
- Cipro: Polizia di Cipro a Larnaca
- Repubblica Ceca: Polizia della Repubblica Ceca, Agenzia Nazionale per la Lotta al Crimine Organizzato (Národní centrála proti organizovanému zločinu – NCOZ)
Agenzie Partecipanti: Europol, Eurojust
Questo caso dimostra l’efficacia della collaborazione internazionale nel contrasto al crimine organizzato e alla frode finanziaria, sottolineando l’importanza della vigilanza nella partecipazione a investimenti in criptovalute.
Sicurezza Informatica
Esplosione di malware JavaScript nei Siti con plugin LiteSpeed Cache
Tempo di lettura: 2 minuti. Scopri l’impennata di malware JavaScript che colpisce i siti con versioni vulnerabili del plugin LiteSpeed Cache e come proteggere il tuo sito.
Un’ondata di infezioni di malware JavaScript sta colpendo i siti WordPress che utilizzano versioni vulnerabili del plugin LiteSpeed Cache. Questo malware inietta codice in file critici di WordPress e nelle basi dati, compromettendo gravemente la sicurezza del sito.
Segnali di Contaminazione
Se noti l’utente amministratore wpsupp-user sul tuo sito, è probabile che sia stato infettato. Altri segni includono codice malevolo nei file del sito e stringhe sospette nel database, specialmente associati con la versione vulnerabile di LiteSpeed Cache.
Procedure di pulizia
- Revisione dei Plugin: Controlla i plugin installati, applica gli aggiornamenti disponibili e elimina le cartelle associate ai plugin sospetti.
- Utenti Maliziosi: Stai attento agli utenti con privilegi di amministratore, come wpsupp-user e wp-configuser.
- Ricerca nel Database: Cerca stringhe sospette come “eval(atob(Strings.fromCharCode” nell’opzione litespeed.admin_display.messages.
Identificazione di URL e IP malevoli
- Gli URL maliziosi spesso includono https[:]//dns[.]startservicefounds.com/service/f[.]php, https[:]//api.startservicefounds.com, e https[:]//cache[.]cloudswiftcdn[.]com.
- Presta attenzione agli IP associati al malware, come 45.150.67.235.
Vettore d’Attacco – LiteSpeed Cache < 5.7.0.1
Gli aggressori possono iniettare questo script nelle versioni vulnerabili del plugin LiteSpeed, rappresentando un rischio per la sicurezza. I log del WAF dell’ultimo mese hanno mostrato un picco insolito di accessi a questa URL il 2 aprile e poi nuovamente il 27 aprile. Gli IP più comuni che probabilmente cercavano siti vulnerabili erano 94.102.51.144, con 1,232,810 richieste, e 31.43.191.220 con 70,472 richieste. Questa situazione sottolinea l’importanza di mantenere aggiornati i plugin come Litespeed e monitorare attivamente la sicurezza dei siti web per prevenire infezioni malware da Javascript e mitigare rischi.
Cos’è LightSpeed Cache?
LiteSpeed Cache è un plugin di accelerazione del sito tutto-in-uno per WordPress, che offre una cache a livello di server esclusiva e una serie di funzionalità di ottimizzazione. Questo plugin è particolarmente efficace quando è utilizzato in combinazione con il server web LiteSpeed, permettendo di sfruttare appieno le funzionalità del server per migliorare drasticamente la velocità di caricamento delle pagine web.
Il plugin LiteSpeed Cache include strumenti per l’ottimizzazione del sito web per contenuti dinamici su siti WordPress, come immagini e pagine web, tramite la cache delle pagine, la minimizzazione dei CSS, JavaScript e HTML, l’ottimizzazione delle immagini e il caricamento pigro. Queste funzionalità aiutano a ridurre i tempi di caricamento, migliorare il punteggio di PageSpeed e aumentare l’usabilità complessiva del sito.
Per maggiori dettagli e per il download, puoi visitare la pagina ufficiale del plugin LiteSpeed Cache su WordPress.org o il sito di LiteSpeed Technologies.
- Cyber Security2 settimane fa
Vulnerabilità critiche nel software Cisco: dettagli e soluzioni
- Inchieste2 settimane fa
Papa Francesco sarà al G7 e l’Italia festeggia il DDL AI
- Cyber Security1 settimana fa
ACN: tutto quello che c’è da sapere sulla relazione annuale 2023
- Robotica2 settimane fa
Perché i Robot non riescono a superare gli animali in corsa?
- L'Altra Bolla2 settimane fa
Reddit rivoluziona l’E-Commerce con Dynamic Product Ads
- Economia1 settimana fa
Apple, Regno Unito vuole più sicurezza informatica e l’Europa indica iPadOS Gatekeeper
- L'Altra Bolla2 settimane fa
ByteDance “chiuderà TikTok negli USA piuttosto che venderlo”
- Editoriali6 giorni fa
Chip e smartphone cinesi ci avvisano del declino Occidentale