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Social Network: dopo dati gratis, ora sono bancarelle del torrone

Tempo di lettura: 7 minuti. I social cambiano registro e si fanno pagare. Cala il loro potere, ma aumenta la censura per gli utenti in cambio di una profilazione sempre più accurata che alimenta i motori di intelligenza artificiale da loro sviluppati

Tempo di lettura: 7 minuti.

Il mondo dei social network ha finalmente subito la trasformazione che tutti aspettavamo ed assumono sempre più le sembianze di imprese che esigono di monetizzare al massimo i contenuti ed i servizi offerti sulle proprie piattaforme.

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E’ una scelta dovuta dopo che tanti anni, piattaforme come Facebook, Twitter LinkedIn e Snapchat non hanno trovato più centralità nell’individuare nei loro utenti la vera fonte di ricchezza. Se prima le piattaforme erano completamente gratuite tutto questo è stato possibile perché conveniva acquisire dati e rivenderli mentre oggi l’oro blu del nuovo secolo in realtà è una fonte simile di cui si ha bisogno ma in un modo sempre più calibrato per evitare confusione negli algoritmi futuri.

Bisogna perfezionare la profilazione

Proprio questo è il motivo per il quale sono tante, troppe, le aziende che possiedono i dati di nuovi utenti e che sono costrette a perfezionare la profilazione in modo effettivo ed accurato. Proprio per questo motivo sono disposte anche a rinunciare ad utenti saltuari che non sono fidelizzati al servizio offerto.

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Altro aspetto da non sottovalutare è proprio questo, i costi sostenuti dalle piattaforme in giro per il mondo sul controllo dei contenuti non valgono la pena dal punto di vista economico e le stesse piattaforme hanno mostrato poca capacità nel contenere pericoli come il compimento di crimini informatici e la tutela dei minori spesso fallita proprio grazie agli algoritmi sbagliati.

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Lo scenario al quale stiamo assistendo è quello dove le piattaforme hanno iniziato a copiarsi tra loro ed a provare di fornire servizi simili. Il caso di Meta è lampante: Una società che per anni ha spinto il Metaverso, solo oggi si è resa conto che la realtà attuale è ben distante da quella virtuale dove il visionario Zuckerberg vorrebbe che ognuno degli utenti del suo social possegga visori per entrare nel suo mondo “aumentato” ed ha iniziato ad implementare il suo ambiente social con spezzoni di codice presi da una parte e dall’altra dei competitor.

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L’informazione censurata perchè problematica ed irrilevante

Mettiamoci anche il contesto geopolitico attuale dove una situazione di guerra ai confini con l’occidente, sia geofisici sia economici, necessità maggiore controllo delle informazioni e questo rende una attuazione di norme sempre più stringenti per quel che concerne la gestione dei contenuti di informazione e che hanno evidenziato un sistema di censura ad oggi visibile, seppur sia emerso dopo diverse inchieste giornalistiche che hanno scoperto algoritmi capaci di gettare nell’oblio i contenuti sgraditi a determinati indirizzi politici oppure sono apparsi in seguito ad attacchi hacker o soffiate dall’interno dei pannelli di gestione utente che hanno evidenziato più volte la capacità delle piattaforme di interagire manualmente su pressione delle agenzie di sicurezza governative.

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Ad accelerare questo processo di taglia e cuci è responsabile il Digital Services Act varato dall’Unione Europea che, oltre all’area territoriale dei cinque occhi (Canada, Nuova Zelanda, Australia, USA e Australia), rappresenta il mercato più florido per le big tech statunitensi nel campo dei social media stessi. Il primo effetto è stato quello di assistere alla congiunta operazione di marketing sia di Meta sia di Twitter sia di Snapchat nell’iniziare a vendere la verifica del profilo in cambio della spunta blu.

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E non è una pura coincidenza il fatto che a garantire maggior controllo sui propri profili, da parte di attacchi informatici alle stelle, e maggiore moderazione dei contenuti sia un servizio “reso in modo “venduto” come garantito proprio a coloro che pagano la quota mensile di iscrizione alla piattaforma.

Quello che però non è chiaro è se le regole di visibilità saranno eque oppure se vi saranno utenti graditi ed altri meno che oggi non pagano, ma che in futuro saranno costretti a farlo per non restare confinati nella loro cerchia.

Copiarsi a vicenda per “ingabbiare” i propri utenti

Twitter in questi giorni sta subendo una grande trasformazione con un riposizionamento che comprende un potente rebranding del marchio in X, sia Facebook che Snapchat hanno in realtà iniziato ad occupare aree di mercato che prima contraddistinguevano altre piattaforme replicandosi. La stessa Twitter, ad esempio, da una forma testuale è passato a prediligere maggiore priorità ai contenuti audio-video ed ha assunto la carica di CEO una donna, Linda Yaccarino, che proviene dal mondo della pubblicità televisiva proprio per incamerare quanti più sponsor da associare a contenuti esclusivi in dotazione alla piattaforma come nel caso dell’ex anchor man di Fox News Tucker Carlson. La stessa Facebook in questi anni ha consentito che sulle proprie pagine venissero consentiti solo determinati contenuti che rispondevano a dei principi ideologici spacciati sottoforma di “idoneità” e che in queste ore ha lanciato un programma di monetizzazione dei contenuti in favore dei suoi creators.

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Anche per i programmi di messaggistica come Telegram e WhatsApp, c’è una corsa ad essere quasi sempre più simili. Il caso dell’app di Meta è lampante perchè nell’ultimo anno ha annunciato nuovi servizi scopiazzati da Telegram e su cui c’è un dibattito acceso basato sulle provocazioni degli americani che riguardano il servizio di crittografia venduto come sicuro dal russo.

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I social scaricano l’informazione dopo averla impoverita

Parliamo della stessa monetizzazione che può essere interrotta secondo gli ultimi dispositivi di legge sia del Digital Service Act sia del Codice di Condotta di Informazione che addirittura va a colpire le testate giornalistiche regolarmente registrate e che svolgono un’attività di informazione spesso bollata come controinformazione o addirittura falsa perchè “destituita di fondamento”.

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Un cambiamento radicale necessario per stabilire quel confine dove le piattaforme social non possono più lavarsi le mani dei contenuti che ospitano ed allo stesso tempo guadagnano maggiore potere nel bollarli come disinformazione o addirittura necessitano di essere censurati preventivamente perchè le informazioni che riportano, seppur argomentate, minano quelli che oggi vengono definiti interessi di sicurezza nazionale nei quali ricade l’omologazione del messaggio governativo per il “bene della popolazione”.

Gli esperimenti sono partiti con il Covid e le elezioni americane per poi stabilire un confine netto con la guerra abolendo di fatto il concetto secondo cui si può dire tutto quello che si pensa sui social network.

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Eppure il sogno di Mark Zuckerberg è sempre stato quello di non occuparsi della gestione delle notizie che circolano sul suo social, ma se fosse realmente così sarebbe addirittura un toccasana per il mondo dell’informazione che ha in questi anni vissuto una vera e propria dipendenza dalla visibilità delle piattaforme social dove si sono annidati degli organi di controllo, a tratti censori, composti dai cacciatori di bufale meglio definiti come Fact Checkers. E’ preoccupante il fatto che per anni i media abbiano dovuto investire attraverso queste piattaforme per la propria visibilità pagando delle sponsorizzate che costano più di quanto si riesce ad incamerare dal punto di vista pubblicitario se ci si occupa di informazione legata alla politica, internazionale e locale, e alla cronaca.

Per quelli che fanno dell’informazione la missione prima ancora di un business, la vita sarà molto più difficile i prossimi anni e questo è un chiaro messaggio per coloro che non vogliono assolutamente cedere ai contenuti sponsorizzati o a televendite mascherate da articoli con cui cedono la propria linea editoriale ad un mercato pubblicitario indirizzato a valori che non sempre richiedono una ricerca della verità, a tratti scomoda, bensì al prodotto da vendere.

Dopo i nostri dati è il momento delle nostre personalità

E mentre noi attendiamo l’inserimento di applicativi più stringenti di intelligenza artificiale, non siamo consapevoli del fatto che in realtà stiamo già cedendo il nostro modo di essere ad algoritmi capaci di poter acquisire i nostri linguaggi variegati per fornire un prodotto sempre più “attento “umano”. La dimostrazione di quanto scritto sta nel fatto che Elon Musk ha “chiuso” Twtitter X alla comunità OSINT per bloccare le attività di scraping dei tweet, utili ai grossi colossi come Google e OpenAI per immettere nei loro modelli di addestramento miliardi di dati utili a rendere fluido e discorsivo il LLM che restituisce un linguaggio naturale e umano ai fruitori dei loro sevizi di chat bot.

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Internet diventa sempre più piccolo

Un dato questo che passa inosservato agli utenti, annebbiati da blocchi inutili come quello delle Autorità Garanti sulla Protezione dei Dati sia perchè inefficaci sia perchè arrivati come sempre in ritardo quando molti applicativi sono stati già formati. Se l’intelligenza artificiale è la nuova frontiera, la battaglia ai grandi schemi prosegue il processo di cinturificazione di Internet, che restringe lo spazio cibernetico ai suoi utenti costretti oramai a scegliere la nave da frequentare e a cui affidarsi senza salpare nel mare più profondo. Proprio per questo, Elon Musk prova a creare una bancarella del torrone stile cinese dove fornirà tutti i servizi possibili, compresi i pagamenti elettronici e le semplici telefonate, mentre Mark Zuckerberg ha in caldo il progetto del Metaverso ad oggi impossibile per via della scarsa diffusione dei visori e della penuria di materie prime che servono a realizzarne a milioni con il fine di aumentare la penetrazione del suo prodotto e renderlo di massa. Immaginate uno spazio sempre più ristretto dove cercare informazioni su un motore di ricerca diventa sempre più difficile, dove le notizie diventano sempre più risicate dal punto di vista storico e si viene costretti a frequentare luoghi chiusi dove girano notizie scelte a monte e informazioni utili a non destabilizzare le attività politiche in essere nella vita reale.

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Conclusioni

Come tutti i grandi processi decisi dall’1% della popolazione, il restante 99% non potrà nulla dinanzi alle “sfide” che cambieranno una volta e per sempre il mondo di Internet. Da fonte di informazione ad ambiente sempre più ristretto con la scusa della sicurezza garantita da crimini e da informazioni false. C’è sempre però una domanda:

chi controlla il controllore?

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro l’abuso dei minori, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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